La terza stagione di The Strain si è conclusa verso la fine di gennaio con un finale molto più che scioccante.
Sappiamo per certo che la serie è stata confermata per una quarta ed ultima stagione e le basi per una degna conclusione ci sono tutte.
Partiamo dicendo che alcuni dei difetti della seconda stagione sono stati corretti: quei sentimentalismi forzati sono stati levigati e soprattutto è stato reinserita, anche se in maniera lieve, un po’ di sana suspance mischiata ad un pizzico di horror.
La qualità della componente action è buona ma la trama manca di mordente in alcuni punti, non perché se non c’è azione il prodotto si presenta noioso o scadente ma, se le suddette parti di cui ne sono prive fossero curate un po’ di più, completate o ancora meglio accorciate, allora non si avrebbe questo feedback negativo su scene che in realtà avrebbero il compito di immedesimarsi nel personaggio di turno o di far capire alcuni dettagli importanti.
La sceneggiatura vede inoltre un plot narrativo tutto sommato piuttosto simile alla seconda stagione: al di là della classica lotta bene vs male, tra le fila della prima fazione ci sono due diverse strade che vengono percorse ovvero, quella scientifica e quella tratta dall’Occido Lumen.
I buoni hanno l’obiettivo di contrastare la comunicazione tra il maestro e i vampiri (nella seconda stagione si pensava ad un virus contro gli stregoi), l’altra via sarebbe quella di sfruttare una bara d’argento per rinchiuderlo (nella seconda stagione si cercava di recuperare il libro).
Senza esclusione di colpi arriveremo a svolte nella trama cariche di incredulità che, di certo, non possono aver fatto altro che bene.
E’ interessante notare come alcuni personaggi si siano evoluti ed abbiano mostrato comportamenti di sé del tutto nuovi, spezzando quella monotonia e quella noiosità dovuta a “so com’è fatto, sicuramente agirà così”, infatti ad esempio vedremo un Eph più impulsivo ed irresponsabile, contrariamente alle sue vesti da scienziato, un Gus più sensibile rispetto al suo aspetto ispanico e criminale ed un Fet più maturo rispetto al passato.
Tornano anche i flashback, probabilmente il punto di forza maggiore della stagione precedente, che ci forniscono le informazioni, questa volta su Quinlan e sul Maestro.
The Strain si è confermata essere una serie godibile e lodevole sotto molti aspetti ma senza mai decollare del tutto, mantenendosi su una linea piatta, senza risultati altalenanti da un episodio all’altro.
Probabilmente, come succede nella maggior parte delle serie, qualche episodio in meno ma più compatto e carico avrebbe conferito a The Strain la caratteristica più positiva che negativa del “breve ma intenso”.
In conclusione, visto il finale col botto, in tutti i sensi, siamo davvero curiosi di capire come si concluderà questa serie e come l’umanità riuscirà a rivedere l’alba dopo la “notte eterna”.