Eccovi la nostra recensione di NieR: Automata, atteso titolo distribuito da Square Enix e sviluppato da Platinum Games, con il Game Director Yoko Taro, creatore del primo capitolo originale del franchise.
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La visione post-apocalittica di Yoko Taro e Platinum Games
Come in tutte le rappresentazioni artistiche, anche nel nostro medium, il videogioco, ci sono alcune opere che restano delle piccole perle sconosciute alla maggior parte del “grande” pubblico, ed è lì che solitamente finivano catalogate in occidente le precedenti produzioni dell’eccentrico Game Director nipponico Yoko Taro, come Drakengard e Drakengard 2 (PlayStation 2), il terzo capitolo (PlayStation 3) ed il precedente NieR, uscito anch’esso per la scorsa generazione di console Sony.
Questi titoli hanno in comune il fatto di essere stati considerati soprattutto in patria e di non essere riusciti a sdoganare appieno la fama del Director al di là della terra del Sol Levante, cosa successa invece ad altri suoi colleghi più fortunati, relegandolo ad un ruolo d’autore di nicchia in Occidente.
Platinum Games invece è oramai una garanzia per i giochi action, dopo l’acclamato successo di critica e pubblico mondiale Bayonetta e il suo ottimo sequel, uscito in esclusiva Nintendo su Wii U.
Talento dimostrato dalla software house giapponese anche con il sottovalutatissimo Vanquish, gioco magnifico per il sottoscritto, con Metal Gear Rising: Revengeance e Transformers: Devastation.
Per dovere di cronaca non posso non citare tra le precedenti esperienze di Platinum Games anche un non entusiasmante Teenage Mutant Ninja Turtles, a tratti un po’ anonimo, e uno Scalebound cancellato da Microsoft, in una vicenda ancora non del tutto chiara e che ha deluso una buona parte degli utenti del colosso di Redmond.
Recensire NieR: Automata, ultima fatica di Yoko Taro appunto e Platinum Games, senza queste premesse sarebbe stato ancora più complicato.
Sì, perché ammetto che dovervi descrivere e raccontare questo gioco rendendogli davvero giustizia senza fare spoiler è davvero difficile, ma procediamo con ordine.
Da Drakengar a NieR: Automata, due realtà legate ma indipendenti
Prima collaborazione tra software house e director, con Square Enix come publisher, NieR: Automata è disponibile dallo scorso 10 marzo per PlayStation 4 ed è in arrivo, esattamente una settimana dopo, su PC (via Steam) il prossimo venerdì 17.
Per gli appassionati e per i nuovi fan, probabilmente diventerà il motto di Square Enix.
Chi conosce le sue opere precedenti, sa perfettamente che l’universo di tutti i giochi di Yoko Taro è minuziosamente collegato, e questo nuovo titolo non fa differenza.
Per questo ovviamente i fan di vecchia data troveranno, sparsi in tutte le ambientazioni e in moltissimi dialoghi, numerosi riferimenti a Drakengard e al precedente capitolo del franchise, ma il connubio lavorativo tra le due “realtà” nipponiche ha creato un titolo che può tranquillamente essere un primo approccio alle opere dell’esuberante Director.
Qui 2B della squadra YoRHa, a rapporto!
Ambientato molti anni dopo il primo NieR, per la precisione sequel indiretto del Finale E del capitolo “RepliCant”, gli alieni hanno invaso la Terra utilizzando delle biomacchine (svariate tipologie di robot) e hanno quasi annientato l’umanità che per salvarsi dall’estinzione è stata costretta a rifugiarsi sulla Luna.
Da qui i sopravvissuti provano disperatamente a riconquistare il pianeta, attraverso la Resistenza e la Squadra YoRHa, entrambe formate interamente da automi programmati per distruggere i nemici e non provare alcun tipo di emozione.
Noi siamo chiamati a vestire i panni di 2B, una bella androide specializzata nel combattimento, membro della Squadra YoRHa e accompagnata da un mecha (già visto nella demo, disponibile sul PlayStation Store) che oltre a poter essere utilizzato in diversi modi, come velivolo e come “esoscheletro”, tipico di molte produzioni giapponesi, ci seguirà come Pod durante tutta l’avventura insieme ad altri personaggi di supporto (questione approfondita meglio nel paragrafo del gameplay).
Per quanto riguarda la trama, trattandosi di una produzione molto particolare, preferisco non fare alcun tipo di spoiler. Per capire a fondo e completamente la trama del gioco vi occorreranno necessariamente più “run”, visto che i finali sono complessivamente 26.
A differenza della maggior parte delle produzioni con finali multipli, però, ogni vostra partita sarà un’esperienza diversa, ed è per questo che la longevità di Automata è più simile a quella di un GDR, rispetto ad un classico action di Platinum Games.
Perché se è vero che per terminare la prima volta il gioco occorreranno dalle 10 alle 15 ore, ogni partita, dopo aver svelato il primo finale, aggiunge dinamiche di gameplay, informazioni e punti di vista completamente nuovi.
Non tutti i 26 finali sono effettivamente necessari al fine della trama vera e propria, perché alcuni sono semplicemente ideati dalla logica geniale del loro creatore.
Una volta iniziata la seconda “run” vi sarà tutto più chiaro e vorrete scoprire di più sui personaggi a cui vi sarete affezionati.
La storia inizia in pratica con la missione disponibile nella demo, in cui 2B deve “infiltrarsi” in una fabbrica abbandonata e distruggere una prima mastodontica biomacchina, e prosegue con una narrazione davvero brillante, con personaggi principali e secondari caratterizzati magnificamente e con un susseguirsi di emozioni e di eventi che coinvolgono e rendono Nier: Automata un titolo davvero molto immersivo.
Quando gli stili di Raiden e Bayonetta si incontrano, il risultato è 2B!
Il sistema di combattimento di NieR: Automata è molto simile alle precedenti produzioni di Platinum Games: i tre tasti d’attacco permettono di creare combinazioni di colpi leggeri e pesanti davvero spettacolari e a compensare l’assenza della parata c’è una schivata effettuabile con il grilletto destro (R2) su PlayStation 4.
Le schivate oltre ad avere delle animazioni molto “sceniche” permettono di cogliere di sorpresa i nemici e, se effettuate con il giusto tempismo, di evitare qualsiasi tipo di colpo.
Come detto prima ci accompagnerà costantemente nelle nostre avventure il Pod, un simpatico robottino volante che ci permette di interfacciarci al mecha e di comunicare con il comando al Bunker e con gli altri personaggi secondari che incontreremo sulla mappa di gioco.
Il Pod è personalizzabile e oltre all’arma principale, inizialmente una mitraglietta (tasto R1) dotata di proiettili infiniti, è possibile utilizzare anche delle abilità speciali (tasto L1), tra cui un potente laser e alcuni tipi di scudo per i danni corpo a corpo o a distanza.
Oltre al Pod e al combattimento corpo a corpo, in numerose missioni saremo aiutati anche dal co-protagonista 9S, un androide maschio con funzioni d’infiltrazione e di supporto e da altri personaggi secondari.
Le due armi equipaggiabili, una per gli attacchi leggeri e una per gli attacchi pesanti, saranno potenziabili dagli armaioli disponibili, così come i Pod, e sarà necessario esplorare la mappa di gioco e trovare diversi oggetti per poter avere un equipaggiamento di tutto rispetto.
Oltre alle spade corte e lunghe, i pugnali, lance e alcune specie di asce, saranno disponibili anche dei tirapugni, e sarà possibile costruire più “build” sia per il Pod che per le armi in modo da avere, selezionabili rapidamente con le frecce direzionali, diverse opzioni per affrontare le varie tipologie di biomacchine e animali presenti nel gioco.
Oltre ad una progressione del personaggio a livelli, che aumentano i punti vita e le capacità offensive, il nostro androide dispone di alcuni chip, anch’essi completamente personalizzabili e che forniscono, oltre alle funzioni primarie, anche i bonus difensivi e offensivi e permettono di perfezionare e rendere ancora più personale lo stile di combattimento.
A rendere più vario e meno monotono il gameplay, inoltre, sono presenti moltissime parti platform e shooter in 2D con passaggi di telecamera davvero ben studiati, e una serie di missioni secondarie abbastanza diversificate.
Ad aggiungere un pizzico di Dark Souls, non si sbaglia mai
A rendere la difficoltà di questa produzione un po’ più elevata, invece, ci pensano la mancanza di salvataggi automatici e la possibilità di perdere i propri chip equipaggiati una volta morti.
I salvataggi in realtà si rivelano davvero un problema in alcuni scontri con i Boss, in cui può capitare di dover rifare una buona parte dell’ultima missione affrontata, ritrovandosi nell’ultimo distributore adibito a zona salvataggio.
Nel resto della partita basterà salvare ogni volta che se ne avrà l’occasione per non avere grossi problemi e fastidi dalla mancanza degli auto-save.
La seconda feature, ispirata alla dinamica classica di morte dei Soulslike e del giovanissimo Nioh, implica il dover ritornare al luogo della propria morte per recuperare i chip equipaggiati in precedenza, con la possibilità di ottenere un potenziamento temporaneo extra oppure, a nostra scelta, di rianimare l’automa che ci aiuterà nei combattimenti.
Attivando le funzionalità online, con questa feature sarà possibile, sempre analogamente alla saga Dark Souls, scoprire e rianimare i corpi degli altri giocatori, ottenendo dei bonus sia nella nostra partita che in quella del nostro “collega”.
Uno scenario post-apocalittico tra Ken il Guerriero e Journey
Mentre la direzione artistica di NieR: Automata è di altissimo livello, per ottenere dei combattimenti così frenetici con un framerate stabile si è dovuti per forza giungere ad un compromesso.
Non aspettatevi quindi i panorami mozzafiato mostrati in Horizon: Zero Dawn da questa produzione.
Il mondo è abbastanza vasto e non è diviso a livelli, bensì in macro aree collegate, che vengono rese accessibili man mano che progrediamo nella storia.
Il mondo post-apocalittico è reso molto bene, ma appare leggermente spoglio, e nonostante le varie aree si differenzino abbastanza tra di loro, alla fine dell’esplorazione si ha comunque un senso di leggera ripetitività degli elementi a scena.
Sicuramente in questa tipologia di gioco la scelta si rivela azzeccata e anche le parti d’esplorazione risultano comunque divertenti e impreziosite da alcune trovate del bizzarro autore giapponese.
La colonna sonora
Automata è poi impreziosito da una colonna sonora davvero ben realizzata, con alcune melodie e brani che vi entreranno in testa e continuerete a canticchiare per ore.
Ritorna infatti Emi Evans, che si è occupata della maggior parte della colonna sonora del primo NieR, dalla quale soltanto 9 brani non erano cantati.
In questa produzione, che vede il ritorno di Keiichi Okabe, un gran numero di cantanti è stato coinvolto per dare varietà ed identità ad ogni singola traccia. Il doppiaggio in inglese e in giapponese sono di ottimo livello, entrambi degni di una produzione Square Enix che accontenterà ambo le fette di appassionati del doppiaggio, ed i sottotitoli in italiano sono accurati e precisi.
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Conclusioni
NieR: Automata porta una ventata di freschezza nel genere action con una narrazione e una direzione artistica praticamente senza pari, almeno in questa generazione.
Un gameplay fresco e vario e un sistema di combattimento ampiamente personalizzabile consentono alla storia di scorrere velocemente e sopperiscono ad alcuni limiti grafici obbligati per mantenere la fluidità raggiunta dagli sviluppatori.
Una volta finito il gioco non vi sentirete assolutamente sazi e vorrete rigiocarlo per scoprire tutti i particolari a cui solo in questo modo potrete avere accesso, in un meccanismo che allunga la longevità del titolo a ben oltre trenta ore solo per riuscire a scoprire 5-6 finali ed approssimativamente il 50% della storia.
Se davvero Platinum Games sia riuscita nell’impresa di sdoganare a livello mondiale la fama di Yoko Taro, probabilmente solo il tempo potrà dircelo, nel frattempo però potete gustarvi la loro ultima eccezionale fatica.
Chi si sarebbe aspettato una saga come NieR, al di là dell’apparentemente sconclusionato ed insensato Finale E di Drakengard?
Eppure un domani, chissà, oltre alle edizioni remastered della trilogia di Drakengard, potremo aspettarci un nuovo capitolo ambientato in questo magnifico universo.