“Io sono Diana, Principessa di Themyscira, figlia di Ippolita…” Wonder Woman, quarto film del DC Extended Universe diretto da Patty Jenkins, ha riscosso fin da subito un grande successo sia tra i critici che tra i fan.
Diana, prima ancora che eroina è un’amazzone, che vive nell’isola di Themyscira, un luogo paradisiaco reso inaccessibile dagli dei al momento della sua creazione. Il destino della giovane donna cambierà per sempre quando sull’isola arriverà il capitano Steve Trevor; i due in seguito partiranno per fermare la Grande Guerra che dura ormai da quattro anni.
Diana è pronta a tutto pur di sconfiggere il dio della guerra Ares, che secondo la stessa amazzone è l’unico responsabile delle stragi che vedono protagonista l’umanità intera. La giovane amazzone non conosce ancora le sue vere origini e il suo reale potere, ma gli ideali che la contraddistinguono la porteranno presto ad abbracciare il suo destino.
Gal Gadot nei panni dell’amazzone riesce a trasmettere quegli ideali di cui il personaggio vuole farsi portavoce, primo fra tutti la giustizia. Diana è coraggiosa, altruista e allo stesso tempo ingenua; caratteristica è la sua purezza d’animo, paragonabile a quella di un bambino; rappresenta tutto ciò che c’è di buono nell’essere umano.
Quella stessa ingenuità sarà anche fonte di comicità, soprattutto nella prima parte del film: la vedremo completamente spaesata in un mondo, quello degli umani, che non le appartiene, nel quale non ha intenzione di vivere, ma che allo stesso tempo vorrebbe imparare a conoscere.
Le scene d’azione che la vedono protagonista incarnano a pieno lo spirito del film, riuscendo a coinvolgere lo spettatore, grazie anche alla colonna sonora (parte della quale avevamo già sentito in Batman v Superman). È evidente fin dalle prime scene l’alchimia che si viene a creare tra lei e il capitano Trevor, interpretato da Chris Pine, derivante dal fatto che i due condividono gli stessi ideali di giustizia, pur provenendo da mondi diversi. Abbiamo ormai la conferma con questa quarta pellicola che i vari film dell’universo DC portano con sé una propria morale.
Pur con i propri difetti, le storie DC non sono solo intrattenimento, ma cercano di donare un insegnamento al grande pubblico. Se in Batman v Superman abbiamo visto l’ultimo figlio di Krypton scoprire cosa significhi essere un dio in terra, similmente in Wonder Woman vediamo Diana avere già la consapevolezza di cosa voglia dire essere una divinità, ma anche rendersi conto a sue spese che ogni uomo porta con sé il proprio lato oscuro e soltanto l’amore può aiutarlo a scegliere la via del bene.
Se nei film dell’universo cinematografico Marvel abbiamo un finale buonista, un lieto fine che mette d’accordo un po’ tutti, grandi e piccini, le pellicole DC sono caratterizzate da un’introspezione dei vari personaggi. Gli eroi, spesso divinità vere e proprie, devono fare i conti con loro stessi, prendersi la responsabilità dei propri poteri e di cosa essi comportino.
I toni eccessivamente dark che caratterizzavano le prime pellicole, ora sono solo un (non così) lontano ricordo, e questo film ne è un esempio; la comicità (anche con battute a sfondo sessuale) stempera la tensione imperante. Nonostante ciò il film vuole farsi lo stesso portavoce di un messaggio di fondo. A questo punto è lecito chiedersi se una morale sottesa alla trama della pellicola riesca a fare di un film un buon titolo nonostante i suoi difetti; per una buona riuscita del prodotto è meglio forma o contenuto? È proprio questa la grande differenza tra le due major fumettistiche a livello cinematografico.
Come avrete quindi capito Wonder Woman non è certo un film senza difetti: possiede un ritmo lento dall’inizio alla fine, un villain scarsamente caratterizzato, una CGI non sempre eccellente potrebbe lasciare l’amaro in bocca a molti fan del personaggio, ma a volte i film che ci restano nel cuore sono proprio quelli che ci trasmettono un’emozione, che ci insegnano una morale.