Con molto e spiacevole ritardo, di cui mi scuso, vi porto la recensione di Get Even disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One.
I viaggi più impegnativi si fanno stando fermi. I percorsi più tortuosi, più ricchi di insidie e nei quali perdersi significa davvero essere condannati a vagare nella peggiore delle oscurità non sono presenti nel mondo fisico, ma sono quelli mutevoli e creati negli inconoscibili recessi della nostra mente. Il nostro pensiero infatti viaggia anche quando ce ne stiamo seduti in poltrona, ma se questo subisce delle limitazioni o delle deviazioni che lo costringono ad uno stallo innaturale, allora sorge il problema della pazzia o più generalmente delle patologie mentali, e per affrancarsi da queste situazioni la strada non è mai lineare e semplice. Nello stesso momento in cui ci si rende conto di essersi persi, se non prima, siamo già nei guai fino al collo.
MENS SANA IN CORPORE SANO
Get Even è un titolo che ha molto ben presente questi concetti e che propone una lettura e una drammatizzazione fondata su questi, ponderata e profonda. Il gioco sviluppato da The Farm 51 e pubblicato da Bandai Namco immerge il giocatore nei panni di Cole Black, il protagonista dell’opera, che si ritrova per motivi inizialmente sconosciuti alle porte di un manicomio abbandonato, all’interno del quale verrà contattato dal misterioso Red, che gli fornisce un’altrettanto misteriosa apparecchiatura d’avanguardia chiamata Pandora, che simile ad un visore di realtà virtuale, permetterà al personaggio principale di rivivere alcuni dei suoi più oscuri ricordi come se la scena si stesse ripetendo in quel momento più reale che mai. Grazie a questo dispositivo Black intraprenderà un viaggio intricato e pericoloso all’interno di se stesso, che lo porterà ad avere nuovamente esperienza di alcuni fatti del passato, quando il protagonista era membro di una squadra speciale col compito di cercare e salvare una misteriosa ragazza presa in ostaggio e con una bomba pronta ad esplodere legata al collo. Il viaggio di Cole Black sarà perciò duplice e avverrà su più piani: quello reale lo guiderà infatti attraverso le stanze del manicomio abbandonato, mentre quello a livello subconscio lo porterà a fare luce su quanto avvenuto durante la missione di recupero dello sconosciuto ostaggio.
Il metodo narrativo che il team di sviluppo ha selezionato per raccontare la storia di questo interessante gioco è tutt’altro che lineare e lascia volutamente parecchie zone d’ombra che tornerà successivamente a colmare creando in questo modo un ampliamento della narrazione e conseguentemente nuovi misteri, domande inespresse in maniera esplicita e un’ atmosfera che confonde e incuriosisce il giocatore allo stesso tempo. La trama si piega e si rivolta su se stessa, creando un percorso di eventi incoerente e indiretto, ma lo fa in una maniera curata e ben ottimizzata per non apparire superficiale, ma anzi chiaramente supportata da una coscienza di fondo strutturata e funzionale.
ARMATI SENZA MOTIVO
Il gameplay di Get Even si concretizza in un misto tra un giallo, un walking simulator fortemente esplorativo e un first person shooter, tutto fortemente colorato da un atmosfera tipica del Thriller psicologico. Durante la nostra partita infatti si alterneranno fasi di esplorazioni ad altre di shooting: di queste le prime sono assolutamente accattivanti, riuscite, emozionanti e grandemente immersive grazie al tipo di atmosfere proposte. Per quanto riguarda le seconde invece il discorso da fare è un po’ più ampio: nonostante infatti l’introduzione della meccanica rivoluzionaria per il genere che è data dalla pistola angolare, una particolarissima arma in grado di individuare e colpire i nemici anche mentre il suo utilizzatore sarà riparato dietro un muro o una porta, nel complesso queste fasi di sparatutto risulteranno legnose e poco divertenti.
Se dunque queste parti in cui saremo chiamati a sparare ai nemici vengono percepite come così superficiali, noiose e superflue, viene dunque da chiedersi: perché implementarle in un titolo che fa chiaramente del suo punto di forza l’esplorazione fisica e l’introspezione spirituale? Si tratta solo di un errore di calcolo dovuto alla volontà degli sviluppatori di ampliare il gioco attraverso ulteriori possibilità e miscugli tra generi, o più semplicemente la poca riuscita delle fasi shooting è imputabile alla presenza si di idee interessanti ma sviluppate in maniera troppo superficiale? Ai posteri l’ardua sentenza.
DIETRO L’ANGOLO
Le ambientazioni proposte all’interno del titolo spaziano dalle claustrofobiche stanze e i lunghi corridoi del manicomio abbandonato a più rade apparizioni di ariose zone aperte, erbose e più rappacificanti. Il fatto inoltre che nel gioco sia forte la tematica che scinde fortemente il dualismo realtà/finzione fa guadagnare grande interesse ad ogni spazio che il nostro protagonista calca, poiché il giocatore si rende conto dell’importanza e della necessità di un’analisi approfondita del mondo davanti a noi per distinguerlo finchè possibile tra sogno e veglia. Purtroppo trattandosi di un titolo mediamente longevo, le aree di gioco risultano alla fine un poco ripetitive, nonostante la qualità di base elevata e la cura profusa nel loro studio, che ne favorisce un esplorazione del tutto priva di noia. La tavolozza dei colori predilige dunque delle tonalità delicate di qualunque gradazione, ma non si tira certo indietro quando si tratta di dover creare un momento di contrasto, proponendo invece in questa sede dei toni decisi e duri e dei neri profondi e inquietanti.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, Get Even risulta nel complesso del tutto degno, presentando buone forme poligonali per tutta la sua durata e delle animazioni che per quanto semplicistiche, si mostrano comunque funzionali e non troppo stonanti col resto dell’apparato visivo. Il sonoro a livello di effettistica è del tutto riuscito per un titolo di questo genere, riuscendo a enfatizzare momenti di tensione e conseguentemente a scioglierla quanto richiesto, il doppiaggio in lingua inglese è ottimo e i sottotitoli in italiano sono ottimi e affidabili.
In conclusione Get Even si rivela essere un riuscitissimo thriller psicologico, che fa dell’esplorazione fisica delle aree di gioco e mentale della psiche del protagonista il suo grande punto di forza. Dotato anche di un comparto di shooting rivoluzionario grazie all’introduzione della già emblematica pistola angolare, non riesce però a convincere attraverso quest’ultimo per superficialità e noia. Si tratta perciò di un titolo comunque riuscito e coraggioso che farà parlare di se ancora per molto tempo poiché crea di fatto il precedente per molte interessanti evoluzioni del panorama video ludico globale.