Non è una novità, lo ripetiamo continuamente: il progresso tecnologico sta prendendo il sopravvento su ogni cosa, o forse poco ci manca. Il potere dell’informatica è lo strumento chiave nella malinconica serie chiamata “Mr. Robot“, ideata da Sam Esmail. Il regista statunitense ha, in primis, il merito di aver partorito una serie di successo, cominciando da quello che all’inizio doveva essere un film.
Il plot narrativo vede come protagonista Elliot Alderson, giovane hacker sociopatico, paranoico, tossico e ben lontano dai classici stereotipi legati al mondo dell’informatica o dei “nerd” in generale.
Quindi, leviamoci dalla testa l’idea del classico “sfigato” vittima di bullismo ed in cerca dell’amore impossibile (complice, probabilmente, anche la totale assenza di scuole/università e derivati). Entriamo, invece, nell’ottica di un ragazzo intelligentissimo, che di giorno lavora in un’azienda di sicurezza informatica e che di notte smaschera criminali attraverso le sue immense conoscenze sui codici binari.
Un eroe si direbbe: Mr. Robot, appunto. No, decisamente no. Il dualismo permea la sua caratterizzazione: egli è eroe ed antieroe, giorno e notte, bene e male. Elliot vive solo e alienato da una società che vorrebbe salvare, a modo suo s’intende. L’anarchia è la sua risposta: la trama prosegue raccontando di come il protagonista entri a far parte della “Fsociety”, un’associazione di hacker che pianifica di distruggere l’economia mondiale in sfavore del divario, ormai troppo grande, tra ricchi e poveri.
Sarà pressoché impossibile creare empatia con il protagonista poiché non aiuta nemmeno la forma narrativa del dialogo diretto con lo spettatore. Ciò, però, non è una discriminante per Rami Malek (attore interprete di Elliot), in quanto la sua espressività è magistrale, e mette un punto esclamativo su una prova, in generale, di altissimo livello.
La mancata immedesimazione, in realtà, permette una visione generale più ampia, definita e oggettiva della situazione, e se l’obiettivo era quello di sottoporci velatamente delle domande esistenziali… Beh, missione compiuta.
L’intreccio poi, è sapientemente distribuito nella sceneggiatura, e la fabula è opportunamente narrata soprattutto nelle fasi finali, quando il classico colpo di scena ci lascerà destabilizzati. Odio gli spoiler, e non ne farò, ma sappiate che la svolta, non proprio originalissima nel mondo del cinema, è stata saggiamente amalgamata nell’intreccio ed il risultato è un vero successo. Gli episodi (10 in totale) raramente contengono parti noiosi o inutili, nonostante in alcuni casi ci si chieda cosa stia succedendo e il perché di alcune decisioni/azioni.
Inoltre, molti personaggi godono di una splendida caratterizzazione, ma soprattutto di grande coerenza dall’inizio alla fine: una vera rarità oggigiorno. Infine, ma non per importanza, parliamo della fotografia e delle musiche: un connubio decisamente ben riuscito. La fotografia è tipica, dai toni cupi e drammatici, rafforzativi della distopìa che stiamo ammirando, ma distinguibile dalla massa per alcune caratteristiche, come ad esempio i primi piani quasi prospettici e decentrati che favoriscono lo sguardo su un contesto sempre affascinante. La colonna sonora poi, è azzeccata e amplifica le emozioni nei momenti giusti.
In definitiva Mr. Robot sgomita tra le serie del panorama attuale, e raggiunge un buon livello di critica e seguito. Le premesse per affermarsi come un vero gioiellino nel mondo delle serie televisive ci sono tutte, ma attendiamo le future stagioni per una definitiva consacrazione.
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