Dopo una lunga fase in early access, è stato recentemente rilasciato nella sua forma completa Divinity: Original Sin 2, titolo sviluppato e distribuito dai Larian Studios. Dopo averlo testato, mi rendo conto che questa sarà la recensione più facile che io abbia mai scritto. Ma anche la più difficile. Perché? Scopriamolo assieme!
La R di Ruolo, la G di Gioco
La Sorgente (Source) ha garantito potere e prosperità per anni, ma c’è un terribile nesso tra l’utilizzo di quest’ultima e l’apparizione dei Godwoken! Per questo motivo, tutti coloro che manifestano particolari doti inerenti ad essa, vengono catturati e portati a Fort Joy, uno sperimentale centro di “disintossicazione”. Ed è su una nave da trasporto prigionieri che inizia la nostra avventura, verso la scoperta di nuovi amici, nuovi nemici, nuovi luoghi, nuove verità e verso la nostra fuga per la libertà, che coincide con il percorso per diventare la nuova… divinità?
Dopo questa breve introduzione, passiamo ora al gameplay: premetto che riassumere tutte le meccaniche e sfumature sarà difficile! Certo, potrei semplificare il tutto con “Divinity: Original Sin 2 riprende le meccaniche del precedente titolo, migliorandole esponenzialmente”, ma meglio fare un piccolo riassunto generale per chi si affaccia per la prima volta a questo universo!
Cominciamo dalle basi: parliamo di un RPG vecchio stampo, con un sistema di combattimento a turni, ambientato in una regione ricca di NPC e in cui la parte dialogata è fondamentale quanto quella prettamente bellica. La prima cosa da fare è, ovviamente, scegliere il nostro personaggio: se decidiamo di crearne uno da zero, invece di scegliere tra quelli speciali, la scelta ricadrà su 4 razze (umani, elfi, nani, lizard, ognuno con la variante non morto) e una pletora di classi predefinite. Quest’ultime sono solo indicative, poiché in Divinity tutto è lasciato nelle mani del giocatore: sin da subito possiamo decidere di essere degli arcieri abili nelle magie di fuoco, degli evocatori che sferrano colpi di spada a due mani, o dei tamarrissimi barbari armati di doppia accetta ma abilissimi nel dialogo. Tutto dipenderà dalle nostre preferenze, in particolare su quali arti belliche (Farabutto, Geomante, Guerrigliero, ecc…) e civili (Persuasione, Furto, Baratto, ecc…) sceglieremo di migliorare durante il corso della nostra partita, oltre ovviamente ai classici parametri quali Forza, Vitalità e così via.
Completato il nostro avatar virtuale, passiamo alle due anime di Divinity: il dialogo e il combattimento. Sparsi per la mappa troveremo miriadi di NPC con cui dialogare, per ottenere informazioni, quest, oggetti o per il puro gusto di fare due chiacchiere. I dialoghi sono dinamici, e variano in base alla nostra attitudine, ai nostri tratti razziali e peculiari (scelti durante la creazione del personaggio), sulle conversazioni precedenti o su determinate azioni compiute che potrebbero influenzare quel personaggio in particolare. La meccanica è basata su scelte multiple, e in alcuni casi avremo anche la possibilità di “imporci” in determinati dialoghi, tramite diverse opzioni che terranno conto della nostra capacità di Persuasione e di alcune statistiche specifiche (Forza darà un’opzione di dialogo diretta e tendenzialmente aggressiva, Intelligenza o Destrezza delle risposte tendenzialmente cervellotiche e logiche, e così via), garantendoci una soluzione “indolore” a situazioni che potrebbero spesso sfociare in brutali risse o in un netto taglio dei rapporti con quel personaggio. Tutto questo, rende la meccanica di dialogo non un mero contorno come in molti (se non quasi tutti) gli altri titoli sul mercato, ma una colonna portante dell’intero sistema di gioco, che premierà i giocatori più “politicanti” che con la loro parlantina e l’abilità di leggere tra le righe, garantiranno uno scorrere delle missioni più pacifico e, perché no, del loot in più che non sia sporco di sangue!
Ma, se pensate che quel loot su cui avete messo l’occhio vada preso con la violenza, nessuna paura, è il momento di sguainare le vostre armi! Specifico che in Divinity tutti e tutto (letteralmente tutto, dagli oggetti di fondo al terreno) può essere attaccato: se volete uccidere un personaggio perché vi ha guardato male, o semplicemente perché vi piacciono i suoi pantaloni, siete liberi di farlo. Sappiate che, così come per il furto, sta a voi essere pronti a pagarne le conseguenze!
Ma bando alle ciance, passiamo al sistema di combattimento: come detto precedentemente, il tutto è strutturato a turni, con questi che vengono ordinati in base al punteggio di Iniziativa dei personaggi. Ognuno di essi dispone di 3 parametri fondamentali: Vitalità (HP), Armatura Fisica e Armatura Magica. Queste ultime due sono fondamentali poiché, oltre a bloccare i danni in arrivo, fungono da “tiro salvezza” per gli effetti applicati da varie abilità, come ad esempio Abbattimento, Mutilamento e Atrofia che vengono bloccati dall’Armatura Fisica, o Incendiato, Congelato e Avvelenato che vengono bloccati da quella Magica. Gli effetti e gli status applicabili sono tantissimi, e sono ben descritti in gioco una volta applicati o nella descrizione stessa delle abilità che li applicano.
Tornando a noi, ad ogni turno, ogni personaggio ha a disposizione una quantità specifica di punti azione, con cui potersi muovere, attaccare e utilizzare le proprie abilità (quest’ultime con cooldown più o meno lunghi). Inoltre, per adattarsi ad ogni battaglia, è possibile durante il combattimento stesso equipaggiare armi diverse, o entrare, se si verificassero le condizioni adatte, in modalità furtiva, cercando di colpire in un secondo momento i propri avversari quando meno se l’aspettano! Se pensate che tutto questo sia figo, fermatevi, non abbiamo ancora finito.
Peculiarità storica della serie Divinity è l’interazione ambientale e la combinazione degli elementi. Questa meccanica è forse più semplice da spiegare ponendovi degli esempi: anziché attaccare direttamente un nemico con una magia di veleno, possiamo semplicemente bersagliare un punto nel terreno, cercando per esempio di limitare gli spostamenti degli avversari che potrebbero cercare, se necessario, di evitarla, per non rimanere avvelenati. In un secondo momento, possiamo dar fuoco alla pozza precedentemente creata, causando un’esplosione di intensità maggiore (fuoco + veleno = boom!) del normale. Non basta? Bene, utilizzando una magia d’acqua, sarà possibile spegnere il fuoco e creare del fumo, che bloccherà la visuale in maniera bilaterale ai personaggi dentro e fuori la cortina. E se vi dicessi che il vapore può essere elettrificato? O che potremmo circondare la cortina di fumo con lastre di ghiaccio, facendo inciampare i personaggi che provano ad uscirne? O che possiamo bloccare gli avversari più veloci con delle pozze d’olio? Per riassumere: il sistema di combattimento di Divinity da libero sfogo alla fantasia, implementando meccaniche di interazione ambientale e di combinazione elementale che difficilmente troverete in altri giochi, garantendo non solo strategie diverse di volta in volta, ma permettendovi di utilizzare il vostro acume per superare battaglie sulla carta oltre la vostra portata! E, di conseguenza, di lasciarvi andare in diaboliche risate durante la celebrazione dei vostri successi… muhahahahaha!
Eravamo quattro amici al bar, che volevan derubare il mooo-ndo
Durante la nostra avventura, avremo la possibilità di arruolare nuove reclute nel nostro gruppo, fino a formare una squadra di 4 membri. A disposizione, ci saranno tutti i personaggi “preconfezionati” che ritroviamo nella schermata di creazione del personaggio, ognuno con la propria storia di fondo e delle missioni specifiche da portare a termine. Ma, ovviamente, se volessimo utilizzare solo personaggi originali, possiamo invitare altri 3 amici e affrontare l’intera campagna in cooperativa (drop-in drop-out)! Si, avete capito bene, L’INTERA CAMPAGNA! Se non vi spaventa allora stare in compagnia per ore e ore di amici che parleranno con voce sottile da Lizard, di gente che interpreta nani molesti che guardano tra le vostre lunghe cosce elfiche (“com’è il tempo lassù signorina?”), o con altri che vi metteranno contro mezza città per cercare di rubare una bottiglia vuota (sapete a chi mi riferisco, str**zi), Divinity vi regalerà tante, tante soddisfazioni. Partendo dal sistema di dialoghi, che permetterà ad ognuno di esprimere la personalità del suo personaggio come meglio crede, ad arrivare alle strategie belliche, molto più comode da applicare con 4 giocatori umani.
Ovviamente ci sono anche altre tattiche di contorno decisamente esilaranti se applicate con amici: distrarre un NPC mentre qualcun altro gli ruba gran parte del suo bottino, mandare quelli “puliti” ad essere perquisiti mentre il colpevole scappa a gambe levate, o impiegare il personaggio più carismatico per risolvere la questione in maniera pacifica, è una delle situazioni che rende questo gioco semplicemente speciale. Ovviamente, così come per la modalità “singolo giocatore”, anche in coop dividersi i ruoli è importante, per cercare di comporre formazioni equilibrate sia in battaglia che in situazioni più ragionate.
Volete interpretare il nobile elfo saggio che tutto sa e tutto vede? “Bene, allora tu prendi Conoscenza o perché no, anche Persuasione!”. Che ne dite di un Necromante cacciatore di teste? “Ottimo, io faccio Necromante, Guerrigliero e prendo Baratto!”. Vi interessa un mago manipolatore? No problem, “Ti va di fare il mago Aeroturgo e prendere Telecinesi?”. Personalmente, gran parte delle ore passate su Divinity sono state impiegate proprio in questo, ovvero nella creazione di personaggi che più si rifanno allo stile di gioco che vorremo adottare: vedere uno dei vostri amici superforti e corazzati ricevere un due di picche durante un dialogo, per poi andare e avere voi successo grazie alle vostre nobili doti di parlatore, non ha prezzo. Sempre che non rovinino tutto a suon di martellate in testa e schizzi di sangue ovunque… It’s coop life after all.
Ma passiamo alle due modalità restanti, in ambito multigiocatore! La prima è l’Arena, modalità PVP che permette ai giocatori di affrontarsi su un cospicuo numero di mappe in due modalità, ovvero Deathmatch e Kill the King. Avremo la possibilità di personalizzare la partita scegliendo, oltre allo scenario di gioco, il nostro eroe, il numero massimo di membri del nostro team e se applicare o meno un timer alla durata dei turni. Avere una componente PVP in un gioco con le meccaniche di Divinity è decisamente molto interessante, una piacevole aggiunta, e non mi stupirebbe vedere in futuro degli eventi a tema su questa modalità (qualcuno ha suggerito ad alta voce Halloween? O “Kill Santa Claus”?).
L’altra modalità è la Master Mode: avendo accesso a quasi tutte le risorse di gioco, sarà possibile creare mappe, missioni, nemici e quant’altro, con un giocatore a occupare, in seguito, il ruolo di Master. Proprio come in un gioco di ruolo “carta e penna”, sarà suo compito e, soprattutto, suo immenso “potere”, raccontare e far procedere la storia, creando incontri, facendo scattare combattimenti, o delineando eventi specifici per i giocatori che affronteranno la sua campagna. Una modalità decisamente promettente, tanto valida da poter essere venduta addirittura come standalone (pensateci Larian…), in continua crescita grazie alle mod a disposizione sullo Steam Workshop, e che, per giocatori che magari non sono particolarmente affini al “cartaceo”, da la possibilità di affrontare una esperienza ruolistica home-made, godendosi quindi la magia che solo un ottimo master “umano” può dare.
Per tutti gli amanti di D&D che si sono appena sporcati le mutande, dopo essere “venuti” a conoscenza di questa modalità Master, nessun problema: il primo lavaggio lo offrono i Larian Studios!
Sembrava una perla, ma in realtà era una cozza
Dal punto di vista artistico, è facile dire che Divinity: Original Sin 2 spicca in ogni suo campo. Partiamo dalla sceneggiatura: i dialoghi, nonostante l’abbondanza, non sono mai pesanti, e sono scritti in maniera magistrale, oscillando sempre tra il “teatrale” e il quotidiano, e con quella vena comica marcata ma mai stucchevole, capace di dare spessore anche a personaggi secondari, e facendoci ad esempio desiderare talenti come Pet Pal, per scoprire cosa hanno da dire anche granchi, cani, gatti e animali vari. Incredibile inoltre come, con una quantità di dialoghi così sterminata, si sia riusciti ad affiancare non solo un doppiaggio per praticamente ogni linea di dialogo, ma un doppiaggio di ottimo livello, inerentemente al contesto di gioco. So che può sembrare una feature da poco, ma considerando la mole di testo che caratterizza questo titolo, tanto di cappello.
Da un lato prettamente estetico e tecnico, anche qui Divinity dimostra una qualità fuori dal comune. I disegni bidimensionali hanno una qualità superlativa, animati in maniera semplice ma con un risultato decisamente d’impatto. L’interfaccia di gioco, così come i menù di sistema e quelli in-game, seguono un filo conduttore ben preciso, rendendo il tutto coerente e di conseguenza fruibile e assimilabile dopo pochi minuti. A livello tecnico, invece, il gioco tira fuori il meglio possibile dalla sempreverde visuale isometrica, con texture definite e animazioni ben caratterizzate in base a razza, equipaggiamento e altri elementi. I particellari che fanno da contorno ai vari effetti elementali, o quelli visibili all’utilizzo di abilità e attacchi speciali, sono “appaganti”, e restituiscono sempre la sensazione di aver appena utilizzato qualcosa di speciale.
La modellazione poligonale è buona, in alcuni casi molto più che buona, ma in generale lo scopo di questo titolo non è quello di stupire: in un’era in cui il videogioco cerca di far cadere la mascella, per poi deludere come una donna conosciuta la sera prima in discoteca e che alla mattina ti sembra un zombie, Divinity punta invece a regalare una grafica piacevole, rilassante, e che, soprattutto, non distrae, ma fa sentire col passare delle ore il giocatore a casa. Non avrà la grafica più “formosa” e “seducente” del mondo, ma almeno è bella anche la mattina dopo.
Per completare il quadro sonoro invece, oltre al già citato doppiaggio troviamo una buonissima campionatura ambientale e per tutto ciò che concerne combattimenti ed effetti sonori generici. La soundtrack, inutile dirlo, è anch’essa di buon livello, con musiche orchestrali o basate su singolo strumento sempre azzeccate alla situazioni in cui esse figurano. Ogni singolo elemento presente in Divinity: Original Sin 2 è frutto di maniacale premeditazione a tavolino e cura in fase di editing, e lo si nota in ogni piccola cosa, dalla disposizione degli oggetti, dagli easter egg, dall’immensa qualità profusa in ogni singolo aspetto di gioco: si nota quasi amore materno da parte di chiunque abbia lavorato a questo gioco, ed è una sensazione piacevole anche per chi, come consumer, adora notare queste cose.
Non siamo divinità, siamo uomini (e lizard, nani, elfi…)
L’ho detto in apertura: questa è stata la recensione più facile e difficile allo stesso tempo. È facile dire che questo è il sequel per eccellenza, dove tutto è più vario e profondo rispetto al capitolo precedente, ma è difficile, se non impossibile, riassumere il tutto: Divinity: Original Sin 2 è un gioco gigante, immenso, quasi infinito! È il gioco definitivo per tutti gli amanti degli RPG vecchio stile. E, proprio per questo, è difficile accontentare tutti: c’è chi lo troverà lento, chi dispersivo, chi “passato” in senso negativo, in un era in cui gli RPG ormai sono “action dove appaiono i numerini sulla testa quando fai danno”. Eppure, nonostante io possa trovarmi in disaccordo, sono tutte considerazioni oggettivamente valide.
Si può quindi delineare la perfezione? Decisamente no, poiché essa, per restare in tema, è un concetto divino. Noi invece siamo umani, e abbiamo, giustamente, delle preferenze, che rendono ogni nostro giudizio relativo. È vero, mettersi nei panni di più persone possibili potrebbe rendere il nostro giudizio quanto più obbiettivo possibile, ma sarebbe comunque soltanto quello, un giudizio, un’opinione, e, onestamente, spesso è sbagliato ragionare tenendo in conto tutti, ma proprio tutti. Perché in fondo, non siamo uguali, non credete? Che senso avrebbe recensire uno strategico, tenendo conto delle opinioni di un fanatico di giochi d’azione? Che senso avrebbe guardare una partita di calcio con un giocatore di tennis, che pensa che quello sia lo sport più noioso al mondo? Che senso avrebbe dare un giudizio al formaggio di capra, tenendo in conto gli intolleranti al lattosio depressi?
Quindi, ribadendo la domanda in calce, esiste il gioco perfetto? No, non esiste, poiché non ci sarà mai un gioco privo di difetti o che possa mettere d’accordo tutti.
Ma esistono giochi da 10.
* copie review gentilmente offerte da Larian Studios