Le tenebre non riposano un solo attimo a Mordor, dove l’ombra cupa scende, e le battaglie che fino ad ora ci erano sembrate epocali rese dei conti si scoprono ora essere nulla più che la preparazione delle scacchiere da parte delle forze del bene quelle del male. Alla stessa maniera però Monolith Productions, gli sviluppatori di La Terra di Mezzo: l’Ombra della Guerra, hanno fatto davvero sul serio stavolta, riuscendo nell’arduo compito di glissare il successo di La Terra di Mezzo: l’Ombra di Mordor e creando un progetto in gardo di esaltare ogni momento di gioco come se fossimo davvero nel bel mezzo della battaglia finale per la salvezza del mondo raccontato da J.R.R. Tolkien.
La narrazione dei fatti riprende esattamente da dove questi si erano interrotti con l’epilogo del precedente capitolo, definendo dichiaratamente sin dall’inizio Shadow of War come un sequel diretto del suo predecessore: la lotta tra Sauron, la vera ombra su Mordor e il Lucente Signore Celebrimbor, fabbro della seconda era al quale si deve la forgiatura degli anelli del potere, infuria senza tregua: Talion e l’elfo però, dopo aver falcidiato l’esercito di orchi sottomessi ai generali dell’oscuro signore, arrivano addirittura a forgiare un Nuovo Anello del potere, refrattario all’influenza maligna di Sauron e nel quale viene infusa gran parte della forza di Celebrimbor. Purtroppo però subito dopo i titoli di testa di Shadow of War, scopriamo che Celebrimbor è stato rapito dal ragno Shelob, che apparendo in forma di bellissima donna chiede a Talion di consegnarle il Nuovo Anello in cambio della restituzione dell’elfo: così dunque avviene, e benché i protagonisti si ritrovino a questo punto di nuovo uniti, la situazione è tutt’altro che buona: le truppe degli orchi guidate dal Re Stregone di Angmar stanno attaccando la città di Gondor chiamata Minas Ithil e l’anello è nelle mani del Ragno, i cui scopi sono a dir poco oscuri; in tutto questo è impossibile dimenticarsi della figura di Sauron che sta acquistando sempre più potere e che minaccia con la sua ombra tutta la Terra di Mezzo.
Per domarli tutti
Il gameplay di la Terra di Mezzo: l’Ombra della Guerra risulta in ultima analisi del tutto simile a quello presentato con il suo predecessore, seppur con non pochi miglioramenti: ci troviamo dunque di fronte ad un action RPG totalmente open world che permette al giocatore di camminare attraverso la Mordor brulicante di orchi seguendo da una parte le gesta di Talion, ma dall’altra potendo dare una personalizzazione così spiccata all’avventura che parrà a chiunque di star passeggiando nel mondo di Tolkien in primissima persona.
In questo secondo capitolo di quella che può tranquillamente essere definita la saga de La Terra Di Mezzo fa il suo gradito ritorno il sistema Nemesi, un complesso apparato di meccaniche e avvicendamenti che aveva praticamente sorretto il gameplay dell’intero primo episodio: attraverso questo sistema le gerarchie interne dell’esercito orchesco saranno infatti mutevoli quanto le maree di Nurnen e i capitani, i comandanti e i soldati semplici potranno tradirsi, proteggersi o sfidarsi vicendevolmente per una posizione migliore nella scala del potere. A questo punto starà solamente al giocatore decidere in quale maniera inserirsi all’interno di questo meccanismo, favorendo un orco rispetto ad un altro, dominandone il più possibile per rinfoltire le fila del Lucente Signore oppure ucciderne il più possibile bagnando di sangue nero le roride lande di Mordor.
Tra le migliorie più apprezzabili proposte all’interno dell’esperienza figurano le nuove meccaniche gdr , estremamente più curate rispetto al primo capitolo grazie alla presenza di output di danno e resistenza precisi per armi e armature, e soprattutto per l’introduzione di dei veri e propri set di equipaggiamento che daranno dei bonus in base al numero di pezzi dello stesso nome che Talion vestirà scorrazzando tra la terra degli uomini e quella degli orchi.
Come era avvenuto per il primo capitolo inoltre, il gioco prevede la presenza di diverse classi di collezionabili, tutte reperibili esplorando con attenzione la mappa di gioco: alcune di queste richiederanno dei semplici minigiochi per sbloccare il singolo pezzo, mentre altre saranno per così dire più pure, e una volta trovatone un soggetto, sarà sufficiente raccoglierlo per ascoltare una breve storia legata al mondo di Tolkien e allargare in questo modo gli orizzonti di un gioco che è posizionato figurativamente in un universo narrativo pressoché sconfinato.
Un’altra miglioria che questo secondo capitolo della saga mette sul piatto sono le missioni secondarie, sparse per la mappa e questa volta più numerose e accattivanti di quanto visto in Shadow of Mordor.
Dove l’ombra cupa scende
Un altro corposo passo in avanti viene fatto in Shadow of War attraverso le ambientazioni: se queste ultime infatti si riducevano nel primo capitolo a due vaste macro aree all’interno delle quali la morfologia del territorio cambiava di poco o nulla, qui le aree sono presenti in numero maggiore, e sebbene queste siano, prese singolarmente, di dimensioni inferiori a quelle viste in L’Ombra di Mordor, risultano subito molto diversificate tra loro, facendo percepire come gli sviluppatori abbiano appreso i loro limiti e preso cio che c’era di buono anche dai DLC del primo capitolo Il Signore della Caccia e Il Lucente Signore per creare un mondo più vario che mai e che desse la possibilità al giocatofe di esplorare pianure di fuoco, fertili foreste e montagne innevate senza il minimo rischio di annoiarlo o far perdere potenza d’impatto visivo.
Le Storie degli altri
Raccontare una storia ambientata in un universo narrativo preesistente e altro non è mai una cosa facile, specie se la storia è così ambiziosa da volersi porre con grande importanza all’interno di Arda, il pianeta creato dal professor John Ronald Reuel Tolkien.
Sembra che però negli studi di Monolith “Ambizione” sia stata la parola chiave sulla quale costruire il magnifico progetto di cui stiamo trattando, e l’ambizione si fonda anche e soprattutto sul coraggio. È con questo coraggio che gli scrittori dello studio di sviluppo hanno raccontato la storia di Talion e Celebrimbor nel mondo dello scrittore inglese, abbracciandone fedelmente le storie ora, e discostandosi da esse in altri momenti per creare una trama epica e coerente con se stessa in primis, e solo poi con il resto del corpus letterario dato da Il Silmarillion, Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Questa potrebbe essere di per se una cosa che farà storcere il naso ai fan più puristi della letteratura Tolkieniana, ma bisogna comunque tenere conto del fatto che gli sviluppatori si sono presi determinante liberta narrative (quali illustrare il ragno Shelob come una suadente donna, creare il personaggio fittizio di Talion e collegarlo con l’invece effettivamente esistente Celebrimbor, o addirittura l’ideare un Nuovo Anello e introdurlo in una storia che non prevede nulla del genere) perché, alla fine tutte le vicende raccontate sia in Shadow of Mordor che in Shadow of War, hanno un finale già scritto: non importa cosa faranno i protagonisti per sfidare Sauron o cosa succederà alla Terra di Mezzo, alla fine le conclusioni saranno raccontate ne Il Signore degli Anelli, e saranno Frodo Baggins e Samvise Gamgee, di fatto, a sconfiggere l’oscuro signore. Proprio per questo motivo non c’è alcun male nella reinterpretazione di Monolith, ma solo l’encomiabile personalità (sfacciataggine, direbbe qualcuno) di non chinare la testa davanti ad un mostro sacro.
La nitidezza del Palantir
Il comparto grafico di La Terra di Mezzo: l’Ombra della Guerra è assolutamente degno della fama del titolo che va in maniera così sublime a supportare. Sviluppato sul LithTech di Monolith, il titolo si fregia di poligoni dei personaggi e delle ambientazioni perfettamente definiti e con linee pulitissime; gli sfondi appaiono curati e l’illuminazione di ogni area, all’aperto o al chiuso che sia è semplicemente sublime e in grado di creare scorci paesaggistici mozzafiato. Anche le cut scene sono prodotte in maniera ineccepibile e in grado di rendere ogni scena mostrata un potenziale screenshot da usare come salvaschermo di PC, Playstation, smartphone e chi più ne ha più ne metta.
Dal punto di vista tecnico, in egual maniera, il titolo tiene testa con tutta tranquillità alle richieste messe in campo dal panorama video ludico odierno: le animazioni di qualunque personaggio in qualsivoglia situazione risultano impeccabili, le imperfezioni grafiche sono decimate rispetto al primo capitolo e il frame rate è più saldo della presa di Celebrimbor sugli orchi che domina in maniera così sciolta.
Il comparto sonoro, come ultimo, risulta a sua volta del tutto soddisfacente, nonostante la non eccessiva incisività della OST, che seppur ovviamente ben curata, risulta solo un ottimo accompagnamento e viene surclassata invece dall’apparato dei suoni ambientali, i quali godono del supporto degli altoparlanti del controller e soprattutto dal doppiaggio italiano, prodotto con la maestria alla quale il nostro paese, la nostra lingua e i nostri professionisti ci hanno abituato più volte. Non è affatto male essere italiani in questo ambito.
In conclusione, la Terra di Mezzo: l’Ombra della Guerra risulta essere un prodotto di prima qualità, nonché un annunciato capolavoro da parte degli sviluppatori di Monolith. Capace di tenere fede alle promesse fatte sin dai tempi del suo annuncio, il secondo capitolo della saga di Talion presenta con coraggio la sua personalissima lettura dell’universo Tolkieniano e il suo divertente gameplay tipico degli action RPG. Supportato da un comparto tecnico del tutto adeguato, il titolo offre la possibilità ad ogni giocatore di esplorare la terra di mezzo come mai prima d’ora, offrendo una sensazione di eccitato stupore ad ogni panorama per il quale i protagonisti combattono la loro battaglia contro Sauron.
Nelle terre di Arda ancora più forte della magia è il concetto di Volontà, e quella mostrata da Monolith attraverso Shadow of War è così potente da poter narrare le storie dell’Oscuro e il Lucente Signore con una maestria encomiabile.
*Versione testata: PlayStation 4, grazie al codice digitale fornito dal distributore italiano