Continua l’ambizioso progetto editoriale che racconta la famiglia reale britannica, sotto la guida di Elisabetta II, interpretata per l’ultima volta da Claire Foy. Ebbene sì, The Crown subirà un re- casting ogni due stagioni, introducendo nuovi attori nella produzione televisiva più costosa di sempre. Ci eravamo lasciati nel 1956, in cui la relazione matrimoniale tra il duca di Edimburgo e sua moglie aveva raggiunto l’apice negativo, rischiando di allontanare i due coniugi per sempre. Per allontanarsi dal clima di tensione, Philip sotto richiesta di Elisabetta, decide di partire per l’Australia, in occasione delle Olimpiadi; in concomitanza Margaret, purtroppo è costretta ad abbandonare l’idea del matrimonio con Peter Townsend, a causa della decisione di sua sorella.
L’arco di questa stagione, composta anch’essa da dieci puntate, coprirà circa otto anni. Dal 1956 al 1963.
Lo story telling di questa seconda annata, procede su binari già affrontati in precedenza, approfondendo alcuni aspetti. Sotto gli occhi del mondo la famiglia reale vacilla, la monarchia comincia ad essere vista come un elemento arretrato, non al passo con le nascenti repubbliche di quegli anni; nel raccontare la politica estera della Gran Bretagna, i nostri personaggi si confronteranno con difficili sfide, tentando d’affermare le potenzialità del loro stato. Nel consolidare le capacità della loro istituzione monarchica, il matrimonio tra il duca di Edimburgo e la Regina Elisabetta II è un’immagine riflettente del Paese, il quale tra alti e bassi continua ad impegnarsi ed evolversi nel cercare di non svanire.
Dietro le figure reali, si nascondono persone con moltissime debolezze; quest’ultime sovrasteranno i loro doveri isolandoli dai loro compiti per brevissimi secondi, mostrati dal semplice cambiamento di fuoco in un’inquadratura. Philip continua a restare l’ombra della moglie, come un altro vestito che ella indossa per apparire elegante in pubblico; la regina invece, intrappolata nel suo ruolo da bambola di porcellana, continua a sentirsi sempre più sola e inerme, nel gestire uno stato in profonda crisi d’idee. Non mancano le cadute di stile, tuttavia l’enorme carisma dei personaggi compenserà alcune scelte di scrittura, nelle quali si evince un’enfasi superflua. Introducendo il personaggio di Tony, la fotografia assume un significato molto importante, strizzando l’occhio al nostro capolavoro, firmato Michelangelo Antonioni.
Nella chiusa finale, la serie insiste prepotentemente nell’importanza della fotografia, la quale mostra alle persone ordinarie la versione idealizzata del loro Paese, nel quale sembra essere tutto immacolato; tuttavia le difficoltà e le “sfocature”, sono in ognuno di noi. Nel complesso questa seconda stagione, prosegue con il suo imponente progetto, restando in possesso dell’ottima qualità generale intrapresa con la prima annata.