Pochi cineasti potevano realizzare due pellicole completamente diverse e urgenti allo stesso tempo, The Post e Ready Player One condividono la necessità di uscire nelle sale in questo preciso momento. In The Post, la libertà di stampa ostacolata negli anni 70, racconta l’epoca odierna in cui il presidente americano limita l’accesso dei media all’informazione; invece Ready Player One, film ambientato nel 2044, rappresenta l’apice del revival anni 80 in cui il citazionismo è ai massimi livelli. Due pellicole uscite con poco più di un mese di distanza ma entrambe attuali e significative per il periodo storico in cui viviamo; al di là della riuscita dei lungometraggi, Spielberg dimostra l’ennesima volta di essere uno dei migliori registi contemporanei.
Basato sul romanzo scritto da Ernest Cline, anche co-sceneggiatore del film, la pellicola ambienta il racconto nel 2044, un futuro prossimo in cui l’umanità ha smesso di combattere all’esterno per rifugiarsi in Oasis, una realtà virtuale dove può essere ogni cosa, il limite è la propria immaginazione. Il mondo esterno è grigio, ha smesso di rappresentare la quotidianità per via delle opportunità che offre la piattaforma videoludica; all’interno di Oasis ogni giocatore è ciò che vuole essere, non c’è un nessun razzismo legato alla propria skin: mostro, mutante, robot o umanoide che sia, l’illusione è davvero immersiva e completamente folle, capace di trasportare in ogni meandro della fantasia. Le ripercussioni all’interno del gioco, come sottolinea la sceneggiatura, coinvolgono tuttavia la persona reale e potrebbero distruggere la loro vita, i debiti legati al gioco si accumulano e in quel caso la VR li abbandona e li riporta nel grigiore e nella sporcizia.
Il creatore di Oasis ha nascosto all’interno della piattaforma tre chiavi, le quali ti permettono di diventare il nuovo proprietario del videogioco, permettendo al fortunato “vincitore” di realizzare al di fuori della VR ogni suo desiderio; l’avventura unirà Wade Watts a un team di giocatori con l’obiettivo comune di trovare l’easter egg, la ricompensa segreta, per un fine più nobile. Uno dei possibili difetti, secondo me, di questa produzione, sono gli effetti visivi e il nostro legame empatico con essi; i personaggi non sembrano tangibili come i Na’vi di Avatar ma lo “sguardo” di Spielberg riesce a produrre un’impatto tale da emozionarci e farci tifare per loro, pur essendo nella realtà virtuale solo skin. Oasis è pulsante in ogni fotogramma, le citazioni all’interno non sono tutte fini a se stesse, ma servono a dare allo spettatore anche un’identità del pericolo e del sogno di cui Spielberg è portavoce nella sua lunga carriera.
L’amicizia tra persone straordinarie risulta davvero interessante: Jobs e Wozniak, Van Gogh e Gauguin e anche Steven Spielberg e Stanley Kubrick, l’amicizia si sfalda per divergenze creative o semplicemente per la dipartita di uno dei due ma per il cineasta di Duel, essa è sempre importante e indispensabile per il proprio obiettivo. In Oasis, come già accennato, sono tre le chiavi che potranno sbloccare il segreto custodito nella piattaforma, tuttavia per Spielberg sono due le chiavi decisive per ognuno di noi: amore e amicizia. VR o vita reale, campagna o città, quando c’è un interrogativo di questo genere, il regista descrive aspetti positivi e negativi di entrambi ma lascia la scelta finale allo spettatore; in Ready Player One pur ammirando la realtà virtuale, il cineasta ha le idee chiare su quale scegliere e il finale toglie ogni dubbio sulla sua visione.
Ready Player One è un blockbuster pienamente riuscito, le forzature in sceneggiatura ci sono e sono abbastanza evidenti, ma le citazioni non tolgono spazio ai contenuti presenti nel lungometraggio. Sarà molto interessante vedere come il tempo influirà su un prodotto forse destinato a invecchiare troppo in fretta, a causa della fine di un revival durato anche troppo.