Allora, io a ‘sto giro neanche avevo voglia di scrivere, ma vuoi per un malriposto senso del dovere, vuoi perché alla fine a questo mini-progetto ci tengo, eccoci qui al quarto appuntamento con il #FeministFriday di Serial Gamer Italia!
Per la protagonista di oggi è avvenuto un vero e proprio sorpasso sul rettilineo finale, perché avevo in mente una certa ragazza che però è stata scalzata, probabilmente perché avrebbe richiesto un discorso molto lungo, e visto che il mattone l’ho già fatto la settimana scorsa ho preferito passare a qualcosa di più leggero questo venerdì. Non temete comunque, la protagonista che avevo in mente all’inizio arriverà prossimamente, con mattone annesso, naturalmente.
Questa settimana invece possiamo dare un enorme benvenuto ad un’eroina che arriva direttamente dalla generazione PlayStation 3, nonché da un posto segreto e intimo del mio cuore, sia perché adesso capirete di chi sto parlando, sia perché il titolo di cui è protagonista fu uno di quelli a cui mi affezionai di più.
Signore e signori, direttamente da Heavenly Sword, Nariko.
È curioso notare come molte delle storie delle mie protagoniste preferite si somiglino: significa che ho 24 anni, ma mi piace sempre il solito minestrino e le solite emozioni, come un simpatico vecchietto che gioca a briscola tutto il giorno. O chi gioca a League of Legends hohoho (no aspetta, facevo anche quello…).
Passo a spiegare. Nella tribù di Nariko da secoli si tramanda una profezia: il Dio della guerra si reincarnerà un giorno in un bambino, e brandendo la Heavenly Sword, la spada proibita agli umani che solo i numi possono impugnare, guiderà gli uomini alla vittoria sugli oppressori e alla conseguente libertà del clan intero. I problemi sorgono quando il giorno in cui si avvera la predizione si scopre che il figlio del capotribù, il bambino della profezia, è in realtà una bambina. Nariko.
Gli uomini, guarda un po’, non la prendono bene: loro che si aspettavano avvento di una divinità guerriera pari al signore degli eserciti dell’Antico Testamento, si ritrovano con una pargola ai loro occhi debole in quanto femmina, e non ci mettono né uno né due a vedere l’accadimento come una punizione dei cieli, e la piccola Nariko come una maledizione.
A questo punto, stessa storia, stesso posto, stesso bar: Nariko cresce tra l’odio e la disapprovazione della sua gente, ma nel momento più buio, quando il malvagio re Bohan attacca la tribù per impossessarsi della Heavenly Sword e soddisfare così un suo capriccio, anche passando sul cadavere di migliaia di uomini, suoi o altrui, la ragazza fa qualcosa che nessuno si aspetta, e impugna la Heavenly Sword.
Nel momento in cui Nariko tocca la lama, una miriade di segni arcani marcati a fuoco sulla sua pelle risalgono lungo il suo braccio, decretando la sua sentenza di morte: la spada le concederà il suo potere, ma alla fine si prenderà in cambio la sua vita. È in questo momento, guardando gli occhi disperati di Nariko che ci si rende conto del perché la giovane abbia sfidato la volontà degli Dei e le leggi degli uomini.
Come una vera eroina, offre tutta la sua vita, e l’attimo della sua morte per la salvezza di tutti quelli che l’hanno odiata, disprezzata e abbandonata. Lo fa non perché questa sia la unica realtà che conosce, ma perché con la sensibilità propria di chi è da solo, capisce gli altri, vuole il loro bene e comprende addirittura l’odio che essi provano per lei, giustificandolo, accogliendolo dentro di se fino a non lasciarne più nel cuore degli altri, e tramutandolo in coraggio per difendere tutti.
Offre la sua vita e la sua morte per coloro che ama, i pochi amici che le sono rimasti vicino e suo padre, che nonostante tutto l’ha sostenuta anche quando il popolo voleva che la lasciasse a pasto per i cani.
La storia di Nariko, che si chiude col suo funerale (niente spoiler, se ti dico subito che toccando una spada crepi e tu la tocchi, indovina che succede), è per l’ennesima volta un pellegrinaggio da esclusione a riscatto, e che al male più gretto e semplice contrappone la complessità della comprensione e del sacrificio.
Potremmo poi stare a parlare per ore di come il fatto che Nariko sia rifiutata dalla società passi senza clamore sotto gli occhi di tutti con la scusa della primitiva tribalità, mentre oggi, nel 2018 avviene la stessa meccanica in miriadi di situazioni, MA avevo promesso che il mattone l’avrei lasciato per la prossima volta (forse), e così farò.
Epos dunque, nella storia di colei che fermò la guerra con la spada degli Dei, sacrificio, coraggio e soprattutto comprensione: sono questi gli elementi che hanno fatto di Nariko la protagonista del FeministFriday di oggi, alla faccia di tutta la lista di profili perfetti per la rubrica che si è vista scavalcare. Non temete però, ci sarà spazio per tutti, già a partire da settimana prossima!
Al prossimo appuntamento da Pido!