Il mondo videoludico moderno vive un periodo di “grossa crisi”, profondo ed a tratti irreversibile. Una crisi sicuramente dovuta ad una endemica mancanza di idee, ad una spinta creativa che sta lentamente arrendendosi alla ragion di stato, alle volontà di un mercato sempre più vittima degli imberbi a cui vien dato libero accesso ad una carta di (sudato) credito, i quali a loro volta sono vittime di consigli d’amministrazione che poco o nulla c’entrano con la nona arte.
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Sicuramente, sintomo di questi tempi è l’hype, un leviatano mostruoso creato ad arte da chi vuol far soldi, per entrare più facilmente nei portafogli di chi nutre ancora “speranze” per una scena semi-desolata. Un mostro terribile, fatto di downgrade grafici dell’ultimo secondo, video promozionali ultra-galattici, promesse sottintese puntualmente disattese e rivoluzioni zuppe di marketing che rivoluzioni non sono. Perchè questo brodo di lacrime e rassegnazione? Perchè Agony, titolo che andremo oggi ad analizzare, è solo l’ultimo caso di un’opera d’ingegno umano che fa intendere qualcosa, per poi rivelarsi diametralmente l’opposto.
Innanzitutto, è bene sottolineare una cosa: nonostante quello che ha mostrato per mesi nei video promozionali, Agony non è un videogioco “comune”. Sicuramente, non è un videogioco che predilige una tensione dovuta a continui “impulsi” d’azione dati al giocatore, come nei più tradizionali action/survival. Agony è più vicino ad un Heavy Rain che effettivamente ad un Resident Evil, più concettualmente vicino ad un film che ad un The Evil Within. Parafrasando gli esempi, con tutti i problemi oggettivi di cui è indubbiamente afflitto, Agony è a tutti gli effetti un film interattivo con dei modesti segmenti action, votato all’esplorazione ed all’immersione osmotica con il tetro landscape infernale, piuttosto che ad un più comune titolo stile “war thing”. Ciò non toglie che, nonostante il registro di interpretazione (che è e resta soggettivo), il gioco soffra di gravi problematiche piuttosto evidenti.
Le premesse del titolo sono piuttosto semplici: nel titolo vestiremo le eteree vesti di un’anima perduta, condannata a soffrire e vagare per sempre nelle profondità degli abissi infernali. Il nostro eroe, nonostante un destino che sembra irreversibile, si porrà come obbiettivo la fuga proprio dalla desolazione dell’inferno, la cui chiave sarà la ricerca di una misteriosa Dea Rossa. Superato lo splendido filmato d’apertura, ci accorgeremo ben presto che quello che caratterizza Agony è un onnipresente senso di orrore e angustia, sicuramente coadiuvata dalla costanza di dettagli piuttosto macabri e splatter, come cumuli d’ossa, cadaveri parzialmente/integralmente mutilati ecc. Se agli occhi di uno “splatterofilo” la cosa è indubbiamente un fattore plus, in realtà la quasi totalità degli ambienti di gioco presenterà con una ciclicità matematica pressapoco gli stessi dettagli, trasformando ben presto l’orrore in consuetudine. Ma ciò non intacca comunque sia il pregio principale del titolo, ossia l’atmosfera opprimente e spaventosa che pervade il gioco. L’inferno è stato rappresentato in modo convincente e tra scene orribili, urla disperate e massacri, si avrà a lungo la sensazione di vivere una esperienza ultraterrena non esattamente piacevole. Mi sbilancio nel dire che, con ottima probabilità, è la migliore rappresentazione videoludica dell’inferno degli ultimi anni.
Ma parliamo un pò delle meccaniche di gioco! Il nostro alter ego non avrà poteri tali da impensierire le bestie infernali che popoleranno gli angusti ambienti infernali, ma avrà la possibilità di possedere i corpi degli “ospiti” dell’inferno più alcuni demoni al fine di superare gli ostacoli posti sul suo cammino. In linea di massima, il gameplay del titolo ricorda molto da vicino Amnesia, con un continuo hide and seek alla ricerca di cuori sanguinanti (i quali nel gioco sostituiranno le troppo scontate chiavi) che si sviscererà in una campagna non particolarmente lunga nè tantomeno ispirata a livello narrativo. Accanto alla modalità campagna, avremo una modalità Agonia, in cui saremo chiamati ad affrontare una serie di stanze generate casualmente e che metteranno alla prova le nostre abilità stealth, ed una modalità Succube, in cui affronteremo la campagna nei panni (molto pochi, a dir la verità) di una pericolosissima succube, la quale sarà in grado di attaccare i nemici. Quest’ultima modalità, tecnicamente, rimescola il mazzo e ci consente di affrontare la storyline con un approccio diverso, più action e dinamico.
Prima dell’orrore, prima dei terribili nemici, il nostro principale nemico sarà il buio. E intendo letteralmente: ad accogliere il giocatore ci saranno lunghe sessioni di oscurità totale che hanno costretto me (e a vedere su Steam, tanti altri player) a regolare la luminosità del monitor. Una scelta stilistica? Un bug fastidioso? Su due piedi è difficile davvero conoscere la risposta, certo è che il fastidio ha predominato nettamente sull’impatto immersivo iniziale. Ma i problemi non finiscono qui: a rendere ancora più ostica la digestione effettiva del titolo, ci penserà una I.A. dal design altalenante, che alterna fasi piuttosto semplici (dove passeremo praticamente indisturbati) a sezioni in cui, nonostante si trattenga perfettamente il respiro (meccanica di base interessante, inserita nel gioco) i nostri nemici riusciranno lo stesso a captarci nell’oscurità. Se a questo si unisce un concept design dei livelli alle volte eccessivamente punitivo, con una buona maggioranza delle zone di passaggio costituite da ambienti piuttosto piccoli e sovraffollati, avrete ben chiara l’esperienza ludica diretta che Agony vi offrirà. Anche la ricerca delle suddette chiavi, una sorta di scan continuo degli ambienti, poteva essere implementata meglio, magari scegliendo qualche soluzione meno scontata e ripetitiva. In generale, il gameplay di Agony lascia tanto amaro in bocca, soprattutto se confrontato con i video promozionali circolati pre-release. Il ritmo del titolo è piuttosto lento e, sostanzialmente, giocheremo a nascondino e sonderemo il terreno alla ricerca di chiavi per circa 5/10 ore e…Stop, Agony è praticamente tutto qui.
Tecnicamente parlando, la qualità grafica si attesta tutto sommato su livelli più che sufficienti alternando buone texture a dettagli più poveri e dozzinali. Il test del gioco è stato eseguito su PC (CPU Intel i7 6700K (frequenza stock), 16 gb di ram, Scheda Video GTX 1070 OC (frequenza stock), SSD Samsung 860 EVO 250 GB) a svariate risoluzioni, con il gioco che purtroppo non si è dimostrato stabile a nessuna delle tre prescelte (1080/2k/4k), con un frame rate che ha oscillato fra i 25 ed i 50 FPS persino modificando il livello di dettaglio. Oltre ad una prova tecnica non particolarmente brillante ed un effettivo gameplay ridotto all’osso, il titolo soffre inoltre di tutta una serie di problemi di programmazione caratteristici delle produzioni indie o pseudo tali, con una sequela nutrita di bug ed errori tecnici, alcuni dei quali rendono particolarmente frustrante l’esperienza ludica. Ad esempio, saranno piuttosto continui wall stuck oppure improvvise cadute al di sotto del pavimento. In aggiunta, sorvolando su di una certa legnosità dei movimenti generica, a rendere ancora più complicata la vita dei malcapitati player ci penserà la telecamera, la quale alle volte contribuirà con improvvisi “twist” ad una sensazione di smarrimento.
Il verdetto finale? Agony è tutto e niente, seppur il sapore di occasione (momentaneamente) sprecata è molto forte. E’ una esperienza immersiva e artisticamente di pregio, rovinata pesantemente da un bagaglio tecnico limitato ed un gameplay ripetitivo e sin troppo lineare. Mi sento di consigliare il titolo principalmente a coloro che sono alla ricerca di un gioco meccanicamente semplice ma che dia accesso ad una esperienza ludica non propriamente comune.
*Versioni testate: PC e Xbox One grazie ai codici digitali forniti dal publisher