Lust for Darkness è un horror indie dalle forti tematiche erotiche, edito da PlayWay e Movie Games e sviluppato dal team Movie Games Lunarium, disponibile su PC dopo aver ottenuto un discreto successo nella propria campagna kickstarter.
Da sempre ho un rapporto che oscilla tra amore ed odio per i titoli horror; avendo scoperto in tenera età dell’esistenza di alcuni capolavori del genere ho cercato di avvicinarmene il più possibile, inutilmente purtroppo: Silent Hill, per quanto adorassi la tetra ambientazione e la misteriosa trama, rimase un ostacolo non indifferente per molti anni, lasciandomi per sempre vulnerabile ai suoi simili videoludici.
Adoro le tematiche orrorifiche in ogni loro forma, ma quando si tratta di un videogioco patisco troppo l’immedesimazione con i protagonisti ed io non sono noto per sopportare al meglio una situazione stressante. Ma allora perché mi sono avventurato in questa spiacevole avventura meglio nota come Lust of Darkness? La risposta è semplice e risiede nel più grande scrittore del genere horror del primo ‘900, ovvero Howard Phillips Lovecraft. Da sempre sono appassionato della sua magna opera meglio nota come Ciclo di Cthulhu, e quando mi trovo di fronte ad un’opera videoludica d’ispirazione lovecraftiana cerco di armarmi di tutto il coraggio che possiedo per affrontarla al meglio delle mie possibilità.
Purtroppo non tutti riescono a stare al passo con il grande maestro, e il suddetto titolo ne è la prova: tanto potenziale sprecato grazie ad una narrazione del tutto inconcludente e spesso fin troppo guidata dal caso. Ma andiamo a vedere nel dettaglio ciò che intendo, analizzando mano a mano ogni componente di quest’occasione mancata.
Piaceri oscuri per raccapriccianti riti
Lust for Darkness parte con ottime premesse, grazie ad un prologo giocabile dove ci ritroviamo nei panni di Amanda Moon, donna di cui sappiamo ben poco prigioniera in un misterioso sotterraneo dove è stata rinchiusa dallo stalker che l’ha pedinata nelle ultime settimane, o almeno queste sono le sue deduzioni. Liberandosi dalla sua prigionia, Amanda inizierà a vagare per quella che sembra essere una villa vittoriana interamente dedicata ai piaceri corporali, per poi scoprire tristemente di essere anch’essa uno strumento di piacere nelle mani di un tetro aguzzino mascherato.
Il vero gioco inizia soltanto un anno dopo, in casa Moon, dove oramai abita solo il marito di Amanda, Jonathan, in preda alla disperazione per la grande perdita della moglie. Durante una notte però giunge un misterioso messaggio da parte di Amanda stessa a quanto sembrerebbe, che lo invita ad introdursi all’interno dell’isolato Palazzo degli Yelverton a Royston Park prima che un tetro ed orgiastico rito venga effettuato allo scoccare della mezzanotte.
Sebbene titubante, il nostro disperato protagonista decide di raggiungere l’anacronistica villa, sancendo così l’inizio di un viaggio malato e contorto a cavallo tra il nostro mondo e l’erotica ed orrorifica dimensione di Luust’ghaa, dimora dei grandi Dei Lussuriosi.
I cultisti cercavano piacere eterno, ma è chiaro fin da subito che Luust’ghaa è un inferno decorato a mo di casa chiusa(la cui ambientazione mi ha ricordato vagamente Agony) all’interno del quale dovremmo evitare le sue terribili creature.
Fin qui tutto bene quindi: abbiamo ottime premesse, una buona ambientazione dai toni lovecraftiani e nudi in abbondanza: qual è il problema quindi? La sceneggiatura. Mai, e ripeto mai, mi sono trovato di fronte ad una sceneggiatura così banale, ricca di buchi di trama ed inconcludente. Purtroppo non mi posso addentrare troppo nei particolari, al fine di evitare spoiler poco piacevoli, ma vi basti sapere che la buona resa ambientale riesce a malapena a salvare una trama vacillante senza né capo né coda.
Lust of Darkness avrebbe potuto puntare in alto con una trama caparbia, ma ha invece ha preferito colpire il giocatore nel profondo con il grottesco ed il macabro senza però dare un filo logico in grado di collimare in un finale che potesse chiamarsi tale.
Poco interattivo e fin troppo legnoso
Lust for Darkness ha dinamiche di gioco molto semplici, che mi hanno ricordato fin da subito quelle già viste in Rise of Insanity, in cui l’unica azione possibile a parte il movimento è l’interazione ambientale, anch’essa con i suoi non indifferenti limiti però. Chiaramente vi è anche la possibilità di rimanere vittima delle presenze, umane e non, che si nascondono nelle ombre dei due mondi, ma rimane perlopiù una possibilità, dato che la maggior parte delle volte basterà semplicemente aggirandole correndo senza rischiare troppo.
Durante il corso del gioco ci si imbatterà spesso in alcuni enigmi la cui soluzione è necessaria per il proseguimento, ma la maggior parte di essi si rivelano essere molto spesso delle buffonate. Col passare del tempo otterremo anche due maschere aliene che saranno utili alla progressione, ma anche qui è fin troppo telefonato il loro utilizzo, rendendole un’aggiunta alquanto banale per quanto poco sfruttata.
Se in Rise of Insanity l’eccessiva semplicità del gameplay passava in secondo piano, in Lust for Darkness diventa un vero e proprio strazio: spesso i comandi sono lenti e legnosi, e, a meno che non si corra, il protagonista si muoverà come se stesse perennemente nuotando nelle melassa.
Insomma, un titolo poco interattivo e legnoso, che avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente o sulla narrazione o sull’utilizzo intelligente delle poche dinamiche di gameplay; a tutto questo inoltre si aggiunge la sua longevità che, sebbene ampliata dalle Storie Secondarie, risulta essere scarsa perfino per un titolo del genere horror.
Un incubo ad occhi aperti
Lust of Darkness eccelle almeno nella realizzazione del suddetto mondo infernale dove piacere e dolore si fondono in maniere macabre e vomitevoli, riuscendo ad essere dannatamente tetro ed angosciante in ogni suo anfratto. Questa dimensione demoniaca deve la sua resa anche grazie all’ispirazione degli autori alle bizzarre opere composte dall’ormai defunto pittore polacco Zdzisław Beksiński. Purtroppo la grafica è altalenante, presentando su schermo sia ottimi modelli che alle volte accozzaglie di texture che poco si addicono all’atmosfera di gioco.
La colonna sonora non spicca, come del resto tutto il comparto sonoro, ma fa il suo sporco dovere mettendo in soggezione il giocatore nei vari momenti di tensione. In poche parole ci ritroviamo di fronte ad un comparto tecnico che riflette il dilemma stesso del gioco: poteva puntare più in alto viste le ottime basi.
Conclusioni
In conclusione posso affermare che giocando a Lust of Darkness ho speso qualche ora del mio tempo sperando in un colpo di scena o di una conclusione degna di nota che, purtroppo, non è mai arrivata, lasciandomi con più domande che risposte. Non metto in dubbio che osare spesso ripaghi molto, e di sicuro non critico le forti tematiche erotiche presentate, solo che il solo aver osato alle volte non basta. Mi sono sentito profondamente turbato in molte delle raccapriccianti scene rappresentate, ma ciò non toglie che se non legate da un filo logico saldo ed in grado di colpire su una scala più ampia del semplice orrore rimangono semplicemente quel che sono: un ammasso di idee che non riescono ad orientarsi verso un fine comune. Detto ciò, vi ricordiamo che Lust of Darkness è già disponibile via Steam a partire dal 12 giugno 2018 al prezzo di 14,99 €.
*Versione PC testata grazie al codice fornito dagli sviluppatori