Netflix continua a coinvolgere personalità molto importanti per arricchire il proprio catalogo di ottimi prodotti, non a caso per sviluppare una serie d’animazione hanno scelto il creatore di due cult di cui tutti si ricordano, generando tantissima attesa per questa nuovo progetto sviluppato da Matt Groening (Simpson, Futurama). Come le serie menzionate in precedenza, anche Disincanto possiede una facciata dietro i personaggi e le situazioni della storia, la quale sembra essere inizialmente classica, con la quale poter riconoscere banalità, mascherate benissimo dalla scrittura che svela molto lentamente la natura complessa dei personaggi. Come affermava uno dei trailer rilasciati per la serie, se con Futurama avevamo visto l’avvenire e con i Simpson il presente, la scelta più ovvia era far ambientare il tutto nel passato, furbescamente quello più gettonato nella contemporaneità: il fantasy medioevale.
A Dreamland c’è molto fermento per le nozze che dovrebbero concludere l’alleanza con un regno vicino, il quale ignora che la Principessa Tiabeanie sia testarda e determinata a non sposarsi. Il matrimonio è un fallimento completo, nel quale si distinguono due strane creature: un demone e un elfo, molto diversi l’uno dall’altro. Il Ménage à trois che vede la principessa e i due strani esseri, ricorda molto la dinamica tra Leela, Fry e Bender; Leela e Bean (la principessa Tiabeanie) vogliono essere dipendenti, forti, ma celano un’insicurezza generata dal loro background narrativo. L’elfo (il quale ricorda Fry) invece è lo spirito ingenuo e innocente, in una realtà distante dalla sua, nella quale dover lottare per definire se stesso; il demone è invece in totale contrapposizione col character precedente, per via dell’impulsività e cattiveria dimostrate (in questo è molto simile a Bender). Tutti e tre sembrano essere vittime di un piano molto più grande, organizzato da bizzarre persone che tramano contro Dreamland.
Dietro quella facciata che mostra caratteri non molto interessanti, c’è tantissimo altro per cui vedere Disincanto; l’evolversi dei personaggi rispetta troppo alcuni tempi della televisione, inserendo dettagli anomali ai personaggi, prevedibili molto prima. L’inizio folgorante è lontanissimo dal progetto Netflix, il quale non solo intrattiene, ma realizza delle fondamenta su cui poter costruire una narrazione solida e convincente. Futurama aveva fin da subito un fascino irresistibile, ma il successo dei Simpson è stato graduale e forse per Disincanto ci vorrà più tempo. Diversa dalle serie che hanno reso famoso Groening, Disincanto è molto più canonica, trovando nel format utilizzato, punti di forza e debolezza in cui la scrittura non sembra osare mai, in questa caratteristica la nuova creatura di Groening delude maggiormente. Ci sono tantissimi motivi per vederlo e altrettanti per non rimanerne piacevolmente colpiti, solo leggermente soddisfatti o molto delusi.
La critica per niente unanime, definisce il più delle volte questa stagione, come un prodotto poco incisivo in cui è riconoscibile l’umorismo del creatore, tuttavia esercitato in un mondo poco attraente. Per ora anche noi non siamo entusiasti e ci saremmo aspettati di più, ma restiamo fiduciosi nella trama orizzontale che potrebbe trascinarci in un’avventura godibile (speriamo più dissacrante).