Bojack Horseman è arrivata a un tale successo di critica e pubblico, per cui ogni stagione ci si chiede se sia la migliore; queste domande sono poste quando una serie resta costante, arrivando perciò con una quinta annata che sembra essere nuovamente la migliore. È davvero così?
Difficile dirlo, possiamo affermare con sicurezza che sia la più sperimentale, trovando in ogni puntata un certo mood diverso dal precedente, accompagnato dal tema cardine della serie: l’incomunicabilità. Ogni nuovo appuntamento con lo show ideato da Raphael Bob-Waksberg, rischia quell’effetto di ripetitività, a causa dei personaggi che compiono pochi passi verso un’evoluzione, la quale però sottolinea ancor di più un’umanità disarmante nelle loro scelte e comportamenti. Dal monologo sulla morte espresso da Bojack a una puntata scandita da un articolo di Diane, saremo di fronte a un azzardo nella formula episodica che rischia di diventare un’arma a doppio taglio.
Dove ci eravamo lasciati?
La relazione tra Mr. Peanutbutter e Diane è arrivata alla conclusione, il divorzio sembra essere l’unica possibilità, tuttavia entrambi proveranno a restare amici. Bojack potrebbe essere finalmente diventato un attore da rispettare e invece no, il tentativo c’è ma la sua autodistruzione sarà sempre dietro l’angolo. Princess Caroline cerca di adottare un bambino perché forse è pronta, sarà il suo lavoro a metterla in difficoltà mentre Todd approfondisce la sua asessualità, diventando nel frattempo il dirigente di una strana compagnia.
Come la serie ci ha abituati, l’intreccio tra i personaggi sembra essere immutato e invece a ogni loro passo il loro rapporto si rafforza; esattamente come lo spettatore conosce forze e debolezze dei character, anche loro stessi sanno di cosa sia capace l’altro, c’è sempre una sorpresa in un’azione deplorevole ma non più come nelle prime stagioni, dimostrando una coerenza interna notevole.
Parallelamente alle vicende private di ognuno, saremo catapultati in un progetto televisivo peculiare nel quale lavoreranno i personaggi principali, approfondendo quel discorso costante sulla natura spietata di Hollywood, ricordandoci i vari scandali di molestie recenti. Su quest’ultime è interessante un episodio in cui Bojack, sembra essere sopraffatto dal potere decisionale del regista, il quale per un attimo vorrebbe imporgli il suo volere per una scena di nudo, affermando (in sottotesto) come la molestia non sia solo una questione di sesso ma d’influenza decisionale sull’altro. Nelle riflessioni sul mondo dello spettacolo non mancheranno la strumentalizzazione di un movimento o di una scelta coraggiosa e la forza della società nel trasformare azioni necessarie in campagne auto promozionali.
Tra vita pubblica e privata, sarà la molto interessante il tema della riabilitazione, come questa possa essere facile nella prima e difficilissima nella seconda (L’oscar del perdono è una trovata geniale). C’è tantissimo in quest’ultima stagione, il traguardo di alcune puntate non è stato però replicato (Un pesce fuor d’acqua ad esempio). Distribuire in ogni episodio quel “no – sense“ che amiamo non era facile, difatti la serie procede sempre di più verso la drammaticità in un finale molto significativo, facendoci scorgere quell’orizzonte che illumina Diane negli ultimi secondi, non sicuri se sia un brevissimo spiraglio di luce, in attesa di una galleria buia.