Dopo il rilascio nel 2010, Amnesia: The Dark Descent ottenne velocemente un largo seguito tra gli amanti dei survival horror. Le ragioni? Sicuramente un approccio un po’ diverso dallo standard a cui il mercato ci aveva abituato, con il giocatore che aveva disposizione null’altro che nascondersi e correre via per difendersi dagli orrori che si celavano nei livelli intricati, densi di atmosfere tetre e spaventose. Oggi, dopo 8 anni dall’uscita del primo capitolo, abbiamo fra le mani Amnesia Collection, che, come è facile intuire, raccoglie tutte le uscite che fanno parte della apprezzata saga horror. Ma andiamo con ordine!
Amnesia: The Dark Descent
Il primo capitolo della saga è sicuramente quello più iconico ed è, al contempo, uno dei giochi horror che in assoluto ha più influenzato il panorama videoludico negli ultimi 10-15 anni. Il prospetto principale, autentica novità introdotta dalla serie, è stato ovviamente il rendere il nostro personaggio totalmente inerme, ovvero concretamente incapace di difendersi con armi o marchingegni di varia natura. Nonostante adesso questi concept siano quasi divenuti uno standard nelle produzioni horror, Amnesia mantiene comunque il suo fascino immutato nonostante il tempo.
Il gioco ci mette nei panni di Daniel, un giovane del diciannovesimo secolo che si risveglia in un vecchio maniero non ricordando nulla degli avvenimenti che lo hanno portato al suo interno, ma stringendo fra le mani una nota che gli intima di uccidere il Barone che risiede nel castello. Ovviamente, il nostro obiettivo sarà quello di fuggire dalle oscure segrete del castello e per farlo, paradossalmente, dovrà addentrarvisi ancora di più al suo interno, sfuggendo agli orrori che lo attendono e risolvendo enigmi di varia natura.
Il grande pregio di Amnesia, è quello di possedere un’intensa atmosfera oscura, che si fa via via più pesante man mano che ci si avventura nel gioco. Il climax oscuro lo si raggiunge nel momento in cui si incontra l’entità mostruosa che abita i sotterranei del castello, incubo in carne e sangue che ci inseguirà per tutta la durata del gioco. Dovremmo sfuggire a questa mostruosità in ogni modo poiché il nostro Daniel perderà il contatto con la realtà e scivolerà molto velocemente nella follia. Al contempo, la storia del gioco, dapprima volutamente confusionaria e contorta, prenderà man mano forma e, armati della nostra fida torcia che dovremo alimentare per tener viva la speranza di Daniel, scopriremo a fondo l’orrore che si cela segregato nel maniero.
Nonostante l’approccio innovativo, il titolo non era ovviamente esente da difetti, il primo fra cui una certa ed ossessiva ripetizione della formula “hide and seek”, che vedeva appunto il giocatore alternare fasi di vero e proprio “nascondino” ad altre di risoluzione degli enigmi che, il più delle volte, si limitavano alla ricerca di componenti sparsi per la mappa ed il loro successivo utilizzo per la risoluzione dell’enigma.
Da un punto di vista tecnico, la Collection non è corrisposta ad un update estetico del gioco, il quale, se già all’epoca non avesse fatto gridare al miracolo, ora mostra tutti i limiti di una produzione indipendente di quasi un decennio fa. Nonostante ciò, il primo capitolo della serie scorre fluidamente a 60 fotogrammi al secondo, senza intoppi di alcuni tipo e mantenendo intatto il fascino oscuro che catturò una notevole fan base all’epoca. Il titolo non sembra, in aggiunta, avere nessun tipo di ottimizzazione nativa per Xbox One X.
JUSTINE
Justine, espansione del primo capitolo, ripropone esattamente le stesse meccaniche ed atmosfere, introducendo però piccole variazioni a livello di trama e di ambientazione. Questa volta, saremo incaricati dalla fantomatica Justine, appunto, di salvare o uccidere una serie di prigionieri intrappolati all’interno di un labirintico sotterraneo colmo di torture e arnesi dall’aspetto non raccomandabile. L’espansione, che dura poco più di un’ora, ha sicuramente donato una marcia in più al gioco, grazie ad un ritmo più dinamico rispetto al predecessore e ad aggiunte differenti, fra cui puzzle più impegnativi e complessi del semplice “trova ed usa” a cui il primo capitolo ci aveva abituato.
Amnesia: A Machine for Pigs
Secondo ed ultimo capitolo in ordine cronologico, Amnesia: A Machine for Pigs è il sequel diretto di Amnesia: The Dark Descent. Sin dai primissimi minuti di gioco, è fin troppo evidente l’approccio sostanzialmente diverso intrapreso dagli sviluppatori. Ambientato 60 anni dopo gli avvenimenti dei capitoli precedenti, il gioco ci trasporta in un’Inghilterra dipinta al culmine di quella che sembra essere una rivoluzione industriale e tecnologica, dove la scienza regna suprema su tutto il resto. I labirintici ed oscuri sotterranei sembrano del tutto svaniti, e a loro posto fanno capolino manieri colmi di opere d’arte e colori sfavillanti.
Persino l’indicatore della sanità, ossessione dei giocatori primo capitolo del gioco, è un ricordo del passato, assieme alla lampada che ci aveva tenuto compagnia illuminando le zone più buie del nostro cammino. Cosa resta quindi in questo secondo capitolo? Sicuramente un lavoro più fine e profondo incanalato nella costruzione di un’atmosfera estesa e di un’esperienza più ricca di contenuti e di significato. Dopo dopo poche ore di gioco, sarà chiaro l’intento degli sviluppatori nel mettere più in evidenza lo sviluppo del personaggio e la narrativa del gioco, il quale affronterà temi di un certo rilievo fra cui la natura e la condizione umana. Infatti, il protagonista di questo secondo capitolo risulterà un po’ più tridimensionale rispetto al buon Daniel, il quale era una sorta di acritico vascello a disposizione del giocatore per il completamento del gioco. Naturalmente tutto ciò va a discapito del senso di terrore che regnava incontrastato nel primo capitolo: in Amnesia: A Machine for Pigs l’ottimo lavoro di ispessimento della trama e dell’ambientazione ha parzialmente danneggiato il senso di pericolo incombente di Amnesia: The Dark Descent, poiché molti dei jump-scare contenuti del gioco sono più ortodossi e prevedibili rispetto alla casualità del primo capitolo.
Nonostante questo passo in avanti, da un punto di vista del mero gameplay meccanico, il gioco purtroppo non propose nulla di nuovo rispetto al primo capitolo ed anzi, per certi versi, privò parzialmente di alcuni contenuti il già basico stile del suo predecessore. Ecco che ad esempio, con l’assenza di un inventario e la mancanza di una fase di raccolta degli oggetti, gran parte dei puzzle si limitano ad una serie di interazioni con oggetti nelle immediate vicinanze. In aggiunta, spesso il gioco risulta disorientante e, frequentemente, ci ritroveremo a perlustrare ogni centimetro di una determinata stanza alla ricerca dell'”attivatore” necessario per procedere innanzi.
Se nel primo capitolo, il quale non godeva di una grafica eccezionale o di una particolare cura dei dettagli in favore di un’esperienza di gioco fluida e senza particolari intoppi, Amnesia: A Machine for Pigs risultava e risulta ancora un po’ incerto nel framerate, anche se la situazione sembra migliore rispetto al passato anche grazie all’evoluzione hardware delle macchine su cui gira e ad un ulteriore lavoro di ottimizzazione fatto dai suoi sviluppatori. In aggiunta, il secondo capitolo della saga ha ereditato alcuni problemi del passato appartenenti alla versione PC, come una certa lentezza nei caricamenti ed alcune generali incertezze tecniche di contorno. Anche qui il titolo non sembra godere di una nativa ottimizzazione per Xbox One X.
CONSIDERAZIONI FINALI
In definitiva, ci si trova di fronte ad uno dei capisaldi del concept moderno di horror che, fra alti e bassi, spaventa e fa riflettere in tutte le sue forme. Nonostante tutta una serie di limiti, alle volte tecnici alle volte concettuali, la Amnesia Collection è sicuramente un acquisto consigliato per gli amanti del genere, un punto interrogativo per chi magari si avvicina per la prima volta al survival horror ed, ovviamente, un “Lasciate perdere!” per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di giocarlo su altre piattaforme, poiché tale collezione aggiunge poco o nulla rispetto al passato.