Forgiveness è un titolo thriller rompicapo, sviluppato e pubblicato in maniera totalmente indipendente da Noam Matan Roten, già disponibile su Linux, Mac e PC (via Steam) dal 28 febbraio 2019.
I titoli rompicapo non rientrano tra i miei generi preferiti, in quanto l’unico guadagno che riesco a trarne dopo una sessione di gioco è solo un intenso mal di testa accompagnato da una notevole frustrazione; ahimè, il mio ingegno nel risolvere enigmi mediante il processo che psicologicamente viene definito “insight”(=intuizione, cambio di prospettiva che conduce ad una soluzione) praticamente rasenta il nulla cosmico.
Dovermi approcciare ad un titolo come Forgiveness non è quindi stato facile, anche se sono riuscito a superare le pessime premesse sopracitate grazie ad un mio intrinseco interesse per l’ambientazione che il titolo va a presentare. Si tratta infatti di un insieme di escape room tutte a tema dei sette peccati capitali, tema che suscita sempre un notevole fascino in me. Quando trovo riferimenti ai peccati capitali in una qualsivoglia opera il mio interesse nei suoi confronti viene riacceso ed alimentato, e questo vale per ogni tipo di opera, dal grande capolavoro letterario di Dante nel suo Inferno, fino ad arrivare al manga pluripremiato Fullmetal Alchemist passando per un’altra infinità di titoli di cui però questo non è il momento né il luogo per discuterne. Di seguito infatti andremo ad analizzare Forgiveness in ogni suo aspetto, sia esso un punto di forza od una criticità, lasciandoci alle spalle le varie discussioni metafisiche.
Un Dio Punitore
La Modalità Storia di Forgiveness ha inizio con un test volto a carpire gli aspetti più superficiali della personalità di qualunque giocatore vi si approcci, al fine di poter creare un feeling diretto con la situazione che si andrà ad affrontare. L’anonimo personaggio protagonista del titolo non sarà altro che un nostro alter ego virtuale, catturato dal folle psicoterapeuta Benjamin Smith, affetto da tanto singolari quanto pericolose manie di onnipotenza; il dottore infatti crede di essersi elevato al pari di una divinità dopo aver purgato i propri peccati e si è imposto di riservare lo stesso trattamento a tutti i poveretti che avranno la sfortuna di finire nel suo mirino.
Nostro compito sarà quindi scappare dalla stanza che meglio descrive il nostro peccato peculiare, venuto a galla grazie al suddetto test, dopo aver risolto la prima stanza, il Prologo, che funge da tutorial e di conseguenza è uguale in tutte i casi possibili. Il gameplay è essenziale e minimale, come giustamente ci si aspetta da quello che è a tutti gli effetti un “simulatore”(vi prego di passarmi il termine) di escape room, consiste ovvero nel poter raccogliere, analizzare, posizionare ed interagire con i vari oggetti a disposizione.
Dopo aver completato il tutorial verremo catapultati inspiegabilmente, quasi il tutto avvenisse per magia, all’interno di una delle sette stanze basate sui peccati capitali disponibili in Forgiveness, ovvero Orgoglio, Lussuria, Gola, Avarizia, Accidia, Invidia ed Ira. Il titolo può essere affrontato o inModalità Normale, nel quale non avremo limite alcuno di tempo per riuscire nell’ardua impresa, o in Modalità Estrema, nella quale invece dovremmo risolvere tutti gli enigmi entro i trenta minuti massimi concessi dal dottor Smith per ottenere la nostra redenzione; sebbene questa sia una scelta comprensibile, avrei preferito che il limite massimo di tempo fosse l’unica modalità disponibile, al fine di rendere ancora più ardua la sfida ma soprattutto in modo da essere in linea con l’ambientazione presentata. Tutte le stanze di Forgiveness saranno però giocabili nella Modalità Libera, nella quale si potrà scegliere a propria discrezione quale peccato andare a fronteggiare.
Purtroppo il titolo nasconde molteplici scheletri nell’armadio, primo fra tutti il fatto che sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta non i sarà un vero finale, cosa che mi ha lasciato non solo interdetto ma anche notevolmente deluso, in quanto dà pienamente l’impressione che non si sia riuscito a sfruttare al meglio un tema così corposo ed affascinante. Secondariamente troviamo invece la longevità dell’opera, molto scarna e del tutto irreplicabile in quanto sarà possibile completare il tutto nel giro di un’unica run di 3/5 ore, dopo le quali Forgiveness perderà ogni tipo di attrattiva.
Rozzo e statico
Ho preferito dedicare un paragrafo a parte riguardo al comparto tecnico di Forgiveness, sebbeneesso ricada pienamente tra i suoi sopraddetti scheletri dell’armadio; ci si trova infatti di fronte ad una realizzazione tecnica che dalle apparenze può sembrare solida, ma che si dimostra molto fragile non appena ci si addentra a pieno nel titolo. La grafica di gioco ad una prima fugace vista sembra infatti notevole, ma basterà avvicinarsi agli oggetti per vedere la pessima lavorazione delle texture e l’eccessiva staticità dell’ambiente di gioco che sembra essere scolpito nel marmo tanto è stentoreo.
Chiamare comparto sonoro l’unica ed interminabile litania che accompagna il giocatore per tutta la durata della sua esperienza di gioco è un insulto a qualsiasi colonna sonora. Sebbene quest’unica traccia sia attinente con l’ambiente ansiogeno che il gioco tenta di creare, ripeterla in loop sia nei menù che nel gioco vero e proprio non la rende un buon accompagnamento, al contrario, genererà solo fastidio e il repentino abbassamento del volume.
Conclusioni
Le buone idee si vedono anche nei prodotti dotati di un budget ridotto, soprattutto se sono originali e ben sviluppate, ma il titolo in questione non rientra in nessuno dei due casi. Insomma, l’idea di fondo di Forgiveness è sia inconcludente che un qualcosa di già visto in altre opere meglio realizzate.
Un gioco breve e privo di spessore, che viste le premesse poteva puntare ad essere qualcosa di più che un semplice ammasso incolore di idee riciclate dotato di un gameplay del tutto sprecato in un contesto del genere.
*Codice digitale fornito dal publisher