Il consiglio spassionato per le prossime ore è dormire bene e bere molta acqua, perché dopo aver giocato Pathologic 2 sono previsti lunghi tempi di insonnia e gola secca.
L’idea di dare un seguito al brand di Pathologic nasce poco dopo la release del suo primo capitolo, ma rimane oscura e avvolta in incertezza e mistero per molto tempo, fino a quando gli sviluppatori di Ice-Pick Lodge non decidono di operare un remake del titolo, supportandolo con una campagna Kickstarter. Non passa troppa acqua sotto i ponti però, e la software house si accorge di avere per le mani abbastanza fondi e spunti creativi per definire qualcosa molto più ambizioso di un semplice remake.
È così, in maniera strisciante e inaspettata che nasce Pathologic 2.
Tutto il progetto si mostra sin da subito all’insegna della distopia, della frammentazione di miriadi di tematiche e come totale antitesi alla linearità, e la narrazione è solo uno degli elementi che esalta questa scelta artistica, coraggiosa da portare avanti quanto soddisfacente per il giocatore nel caso si riesca a fruirne pienamente.
La storia ci mette sin da subito nei panni di Artemy Burakh, medico nativo della città di Gorkhon che è stato lontano dalla sua casa per il tempo degli studi. Richiamato in città da una strana lettera del padre Isidor, appena tornato scopre che suo padre è morto il giorno prima, e per non farsi mancare nulla si ritrova attaccato da delle misteriose figure appena sceso dal treno.
Certo la missiva di Isidor lo metteva in guardia dai tempi difficili che aspettano la città, ma Artemy non poteva aspettarsi di trovare una Gorkhon più inospitale che mai, messa in ginocchio da una misteriosa piaga e preda di strane figure incappucciate che sembrano uscite da un incubo.
Il protagonista sarà dunque chiamato a cercare di mettere ordine e logica in questa terra impazzita, dove nulla sembra avere senso e dove anche la sopravvivenza sembra una barzelletta di cattivo gusto.
Da dove arriva questa strana epidemia? Qual è la sua natura? Com’è collegata con la morte di suo padre? Artemy, giovane medico, dovrà tenersi stretta la sua vita qui più che le sue conoscenze, e seguire la verità ultima dietro la caduta della città piuttosto che il giuramento di Ippocrate.
Il punto più forte dell’intera produzione, che ha fatto gridare di gioia i fan per l’arrivo del secondo capitolo del brand è di sicuro il mondo di gioco, con tutto quello che ciò significa.
La città di Gorkhon, caratterizzata da un design tipico dei centri abitati periferici dell’est europa, mette sul piatto un confuso intreccio di elementi industriali e folklore richiamante allaq tradizione animistico spiritica slava, in una commistione difficile da non apprezzare.
Le parole d’ordine all’interno di Pathologic 2 però sono sempre squilibrio, shock, distopia, grottesco, e per questo il titolo non si presta a farsi ammirare nel suo studiato design. Come davanti ad uno schivo cigno sfregiato, il giocatore ha sempre l’impressione di essere davanti a qualcosa di grandioso che però sfuggendo non si lascia cogliere appieno.
La cangiante pletora di missioni secondarie che riempiono la città è un altro punto focale necessario per dare vita al mondo di gioco: questa si sovrappone alle ambientazioni in maniera organica e da vita ad un ciclo di obiettivi destinati sempre a cambiare a seconda dell’ora del giorno o delle scelte compiute dal giocatore. Molte quest verranno perse all’interno di un playtrough, molte altre nasceranno spontaneamente in base al nostro comportamento in game, e starà solo a noi decidere se investire tempo e soprattutto risorse per inseguire il piccolo frammento di verità che si cela alla fine della missione. In un mosaico deturpato come quello dell’universo di Pathologic 2, ogni tassello può essere fondamentale, li cercheremo tutti o proveremo solo ad arrivare a fine giornata?
Il gameplay che caratterizza Pathologic 2 è sin dal primo sguardo chiaramente l’elemento che allontanerà dall’opera molti giocatori, ma regalerà a coloro che sapranno resistere soddisfazioni notevoli.
Il comparto si presenta come una viscosa amalgama tra un survival e un action game, dove ad un sistema di combattimento rozzo e quantomai legnoso si affiancano delle meccaniche tipiche appunto dei survival game, rese in maniera tale da rendere la nostra esperienza di gioco un continuo arrancare alla ricerca di risorse e aria pulita. A schermo infatti appariranno le barre di salute, sete e fame, oltre all’indicatore che determina la nostra esposizione all’infezione: perdendone di vista anche solo una, si arriverà in men che non si dica all’impietosa morte del protagonista seguita da un punitivo reload al punto di salvataggio manuale presente, uno solo in città. Il nostro pg dunque, fortemente limitato da questi suoi bisogni impellenti e quantomai incalzanti vista la velocità con la quale degenerano, dovrà davvero fare una saggia amministrazione del suo tempo in città, tra la ricerca continua e morbosa di cibo, acqua e medicine, l’espletazione delle molte missioni secondarie e il proseguire la quest principale.
Si tratta di un gameplay claustrofobico che come accennavo precedentemente, non permette al giocatore di avere un’esperienza del mondo di gioco serena, ma sempre gravata dalla preoccupazione di una morte per inedia.
A Gorkhon non saremo esploratori sotto la luce del sole, ma topi che corrono tra gli edifici, alla ricerca di sostentamento più che luce.
A rendere ancora più punitivo il sistema di gioco è la meccanica del salvataggio: il salvare la partita infatti, non risolve alcuna delle situazioni legate alla fame, alla sete e alla malattia, per le quali le soluzioni sono da ricercarsi altrove nel gameplay (trovare cibo, acqua, medicine o dormire). Se non faremo attenzione perciò potremmo creare un salvataggio in un momento della nostra partita dal quale non saremo più in grado di sostentarci (risorse troppo lontane, nemici incalzanti) e conseguentemente tutto il nostro slot di salvataggio risulterà inutilizzabile costringendoci a ricominciare la partita da zero.
Pianificare le nostre mosse sarà fondamentale quanto la fortuna nel trovare velocemente ciò che cerchiamo, sempre al netto di seguire i nostri obiettivi nella maniera più pulita e veloce possibile.
Dal punto di vista tecnico, l’ispirata direzione artistica si vede solo in parte supportata dal comparto: i caricamenti per entrare negli edifici della città o caricare la partita sono davvero lunghi, e le centinaia di iterazioni casuali tra gli npc è caratterizzata da animazioni fin troppo grottesche.
Frequenti sono anche i cali di frame rate e la perdita di texture degli oggetti a schermo, a definire un apparato che è solo appena in grado di reggere quelle che sono le aspirazioni e le ambizioni del team di sviluppo di proporre il prodotto a tutti i suoi fan.
Quella che faremo all’interno di Pathologic 2 non sarà certo una passeggiata, tanto meno di salute.
A fronte di una storia ispirata quanto malata, ambientata in un universo distopico e vibrante nel suo essere vivo, l’opera di Ice-Pick lodge riesce a convincere completamente con il suo concept; La storia della città di Gorkhon viene narrata al giocatore per mezzo del dottor Burakh in un vivido sistema di tasselli sconnessi, che sarà un piacere tentare di reperire e collegare, pur nel subire le “angherie” di un gameplay volutamente rigido, punitivo e legnoso, e la croce di un comparto tecnico non del tutto in grado di supportare la produzione degnamente.
Amatissimo dai fan di vecchia data che non si faranno scoraggiare da difficoltà e spigolosità, Pathologic 2 invita tutti, newcomer compresi, a farsi un giro per Gorkhon: nessuna garanzia di tornare a casa sani, ma promettendo un’esperienza che difficilmente si scorderà.
*versione testata PC: grazie al codice fornito dal publisher