Joker è uno di quei personaggi intoccabili, è risaputo, e andare a produrre un film incentrato sulla sua figura, con la volontà di approfondirla è un atto quantomeno coraggioso.
Joker è un intoccabile, e toccandolo con una monografia si possono avere solo due risultati: il capolavoro o il fiasco totale. Nessuna via di mezzo.
Quello che potrebbe essere il Re degli antagonisti è sempre stato una pura incarnazione del caos: nessuna giustificazione per il suo operato, nessun bisogno di una consequenzialità logica tra un omicidio, una rapina e il racconto di una barzelletta. Una volta compiuto dal pazzo di Gotham, ogni crimine perde un po’ del suo cruda accezione di malvagità, a favore di un sapore strano, di casualità. Joker è come un uragano che distrugge un villaggio: lo fa così, perché è successo. O forse perché vuole solo vedere il mondo bruciare.
Tutti gli attori che prima di oggi hanno messo in scena il personaggio hanno avuto solo un compito: impersonare il caos. Interpretazioni di difficoltà mastodontica proprio perché scisse da ogni logica, da ogni modello presente nella vita o sul set, ma comunque con una finalità sola: creare il caos. Essere tutto ed essere niente.
Il Joker che esce oggi nei cinema invece, ha se possibile una missione ancora più difficile: dare senso a quel caos.
Presentando nel dettaglio la storia del pazzo uscito dal mazzo di carte, la pellicola va a indagare le cause della vera nascita della leggenda del joker.
Davanti all’uragano, non basta più sapere solo che questo è creato dalle correnti dei venti. Oggi si vuole sapere perché Eolo soffiava.
La narrazione comincia con la presentazione del personaggio di Arthur Fleck, e della sua vita che definire tragica è un minimizzare. Arthur, che diventerà il Joker, è il perfetto prototipo di infelice schiacciato dalla società e dalla malattia mentale: vive con la madre in un tugurio e lavora per due soldi fingendo una felicità che non ha mai provato nella sua vita. Quando la sua situazione comincia a peggiorare da ogni punto di vista, l’uomo vede aggravarsi anche dal punto di vista della sanità mentale che lo porta a dissociarsi sempre più dalla realtà e dai dettami della società di Gotham.
Per tutta la durata del film lo spettatore vede il protagonista in una mostruosa altalena tra tragedia e forzata commedia, che non smette mai di lasciare l’amaro in bocca e fare presagire un prossimo precipitare della situazione. È in questa vita che scopriamo essere forgiato il Joker che conosciamo dalla saga di Batman, in un climax di frustrazione, dolore e ingiustizie che porta verso il finale del film dove la lucida follia dell’uomo emerge come una marea, permettendogli da una parte di sopravvivere alla sua odissea, e dall’altra liberandolo dal giogo della stringente ragione che opprimeva la sua esistenza.
Si rivela in ogni momento maestosa l’interpretazione di Joaquim Phoenix, che riesce a tremare, piangere, ridere, uccidere e ballare in perfetta sintonia con il suo personaggio, anche con un coefficiente di difficoltà di ogni scena a dir poco stellare. Non solo il Joker di Phoenix è credibile e coerente, ma riesce a far vibrare il cuore degli spettatori, che, per quanto pericoloso, si sentiranno rappresentati dal personaggio in una sintonia da tenere sotto controllo per potersi definire ancora sani.
Ognuno di noi può sentirsi un po’ Joker guardando la produzione Warner Bros, non tanto per gli evidenti traumi personali che il personaggio subisce a livello psichiatrico, ma per un motivo più sottile.
Joker è il prodotto di una società malata che somiglia paurosamente alla nostra: a plasmare l’uomo che brucerà il mondo infatti sono il peso delle aspettative di trovare un posto in una città che lascia gli emarginati indietro senza pietà, la inumana malvagità delle persone che camminano sulle altre, una meccanica che costringe l’uomo ad un lavoro che non lo rappresenta, in condizioni deplorevoli. Terribile specchio della parte peggiore della realtà odierna, Gotham non si cura di stare creando un esercito di infelici che è come un mare. Al suo interno Joker è lo squalo.
Dal punto di vista della sceneggiatura, la pellicola presenta delle ambientazioni sempre ben curate e studiate per fare sentire oppressivo ogni ambiente della città di Gotham anche alla luce del sole. La fotografia risulta, man mano che passano i minuti del film e il climax sale, di stupire sempre di più con un colpo d’occhio grandioso e sempre basato sull’icona di Joker, grazie ad un Phoenix che, essendo presente in praticamente tutte le scene del film, diventa parte integrante dell’ambiente e perfettamente in grado di enfatizzare qualsiasi situazione con la sua perfetta espressività.
In ultima analisi, alla domanda iniziale se la produzione fosse un capolavoro o un fiasco, la risposta orienta l’ago della bilancia con decisione verso la prima opzione.
Joker è un film pesante, e quanto di più lontano dalle solite pellicole legate ai supereroi. Presentando una narrativa monografica sul solo personaggio di Arthur Fleck il film riesce ad essere assolutamente interessante anche per quelli che non sono fan dell’universo narrativo di Batman. Una colonna sonora curata e perfetta per accompagnare la produzione, seppur forse un po’ troppo tendente ad un vintage fine a se stesso, si affianca alla sceneggiatura curata in modo tale da entrare nell’immaginario dei fan sfondando la porta di ingresso.
Ad essere però la lunga di diamante del film è la prestazione di Joaquim Phoenix, che riesce ad essere un Joker perfetto, capace di fare percepire al pubblico il concetto di caos puro che rappresenta covandolo sotto le ceneri di una tragedia umana toccante, e farlo esplodere nel finale in quello che è un tripudio visivo per la sceneggiatura e narrativo per la liberazione di Arthur Fleck da una vita che, così com’era, gli stava ben stretta.
La pellicola è da applausi, e siamo sicuri che, per citare, la produzione avrá quello che si merita nella storia.
Un po’ tragedia, un po’ commedia dolecemara, Joker è un prodotto riuscito che all’interno dell’universo narrativo di riferimento sarà in grado di porsi in futuro come un caposaldo.