The Signifier (edito da Raw Fury) è la prima creazione del cileno Playmestudio, piccola software house che si propone di portare sui nostri schermi una trama coinvolgente che ruota attorno a misteri, indagini e nuove tecnologie sperimentali, grazie a questa avventura in prima persona dallo stampo giallo tech-noir in arrivo il 15 ottobre su Steam per sistemi Windows e Mac.
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Next level Virtual Reality
Ormai non sono pochi i giochi indie di avventura story-driven in prima persona, e non è difficile intuirne il motivo: si prende una struttura ben consolidata e soprattutto budget-friendly per piccoli studi creativi che però da la possibilità di raccontare una storia, presuppone immersività e lascia ampio spazio di manovra nel creare del semplice gameplay attraverso meccaniche originali, interessanti; insomma, il miglior modo per proporre una trama coinvolgente ed unica e concentrarsi sul fine piuttosto che sui mezzi. The Signifier rientra in questa categoria, strizza l’occhio ai predecessori del “genere” (ad esempio, potete trovare qui la recente recensione di The Shattering), e impernia la sua struttura narrativa e di gameplay intorno ad una particolare “medaglia a tre facce”, ma andiamo con ordine e vediamo cosa tratta nello specifico.
Nel gioco impersoniamo Frederick Russell, un quantomai brillante ingegnere ed esperto di psicologia ed informatica che ha come più grande merito l’invenzione del cosiddetto Dreamwalker: questo è un macchinario unico nel suo genere, un prototipo dotato di avanzatissima Intelligenza Artificiale (chiamata Evee) in grado di scannerizzare, analizzare e poi ricostruire con spaventosa fedeltà i ricordi di una persona. Un evento in particolare mette in moto la nostra avventura, ed è la sospetta morte di una donna, nientemeno che la vicepresidentessa della più grande multinazionale tecnologica al mondo: solo noi, grazie al Dreamwalker, possiamo fare chiarezza sull’accaduto, cercando di ricreare e rivivere le sue memorie alla ricerca di indizi; anche se niente è semplice come potrebbe sembrare.
Infatti, la particolarità del gioco risiede nel parallelismo tra psicologia e tecnologia, e all’atto pratico nella sopracitata “triplice dimensione” del gameplay: potremo muoverci tra alcune location del mondo reale, come il nostro laboratorio, il nostro appartamento, la “scena del crimine” et cetera, ma una volta attivato il macchinario avremo altre due realtà a disposizione, che potremmo definire “lo stato dei ricordi Oggettivo” e “lo stato dei ricordi Soggettivo”. Evee infatti una volta ottenuti abbastanza dati di un determinato evento passato farà partire una ricostruzione doppia e parallela del suddetto, creando una dimensione più Oggettiva degli ambienti vissuti, quindi cercando una rappresentazione fedele, realistica, volta alla verosomiglianza scientifica, ed una invece Soggettiva, che può essere più o meno alterata a seconda delle emozioni, dei sentimenti, ansie e paure provate dal soggetto all’epoca di quei fatti.
In termini di gameplay questo si traduce in un ambiente dalla natura duplice, intercambiabile a piacimento in ogni momento grazie al pulsante Q; quelle che esploriamo sono ricostruzioni di qualcosa di ineffabile come i ricordi, e pertanto non avremo mai sequenze definite o lunghe storie a cui assistere come spettatori, ma dovremo piuttosto farci strada noi stessi attraverso queste realtà mnemoniche confuse ricollegando pezzi e risolvendo puzzle ambientali, grazie soprattutto alla possibilità del cambio di Stato; la sovrapposizione tra questi piani sarà il fulcro attorno al quale basare la ricerca e il superamento degli ostacoli, perchè potrebbe bastare un cambio di prospettiva per cambiare le carte in tavola.
La particolarità quindi di Signifier risiede nell’intreccio tra queste tre diverse dimensioni, permeabili l’una all’altra e che creano una narrazione su più livelli, fatta di caccia agli indizi, comprensione di misteri, risoluzione di rompicapi e qualche occasionale scelta di comportamento grazie alle opzioni di dialoghi presenti nel mondo reale; una sorta di punta e clicca che riesce quindi a risultare meno ortodosso del solito, rendendo intrigante il gameplay grazie alle meccaniche di compresenza di questi due piani e anche grazie alla loro rappresentazione, specialmente facendo riferimento allo stato Soggettivo: una realtà filtrata dalle sensazioni umane lascia libero spazio alle creazioni dell’Io, del subconsio, a distorsioni di ogni genere, che rendono il tutto certamente stimolante.
Gray Mirror
The Signifier è un gioco che sicuramente non cerca di volare basso, proponendo una storia che va a tessere un’intricata tela fatta di riflessioni e dubbi, facendo entrare a gamba tesa discussioni importanti sulla psicologia umana, sui massimi sistemi della tecnologia, sui concetti di machine learning e intelligenza artificiale, e sul rapporto tra uomo e macchina, tra creatore e creazione; la soggettività dell’Io viene unità alla fattualità degli eventi esterni, la corsa al progresso riporta a galla questioni sull’etica umana stessa, e noi ci troviamo invischiati in questa rete dove le risposte sembrano essere poche, e la carne messa sul fuoco molta. È ancora presto per dire se le aspirazioni del titolo rispecchieranno la qualità del prodotto finale, e basta forse un soffio perchè il castello di carte di The Signifier crolli sotto il peso della sua stessa ambizione; tuttavia, laddove il comparto tecnico non sembra particolarmente brillante la miglior parola per descrivere quanto visto è sicuramente una: interessante. La voglia di immergersi in questa avventura è molta, e tra solo un paio di settimane avremo la risposta almeno a quest’ultima questione, nella speranza che porti chiarezza e soddisfazione anche su molte altre.