La prima volta che ho visto un trailer di gameplay Oneechanbara Origins mi sono trovato davanti ad una cosa così ignorante che appena ho chiuso il video mi si è presentata alla porta la finanza per ritirarmi il diploma di maturità, la licenza media e la patente della bicicletta con sopra il disegno di paperino.
Lo slogan era “katana bikini action” o qualcosa del genere: insomma quando è arrivata la finanza gli ho lasciato volentieri tutto e mi sono tuffato a giocare come un criminale.
Il titolo di oggi, appunto Oneechanbara Origins, sviluppato da Tamsoft ed edito da D3 Publisher, potrebbe sembrare (complice l’intro della recensione) un’accozzaglia senz’anima di fanservice e scelte artistiche peculiari, ma la verità è molto più profonda, e per analizzare questo particolare lavoro dovremo fare un passo indietro. Poi potremo tornare a tagliare zombie come prezzemolo.
Oneechanbara non è un’idea malsana nata ieri, ma è un franchise storico, conosciuto e apprezzato soprattutto in oriente (l’avreste mai detto?). All’interno di questo si narra la storia delle sorelle Aya e Saki, e della loro lotta contro uno tsunami di morti viventi che invadono il Giappone perchè si.
Con Oneechanbara Origins potremo tornare a vivere il primo capitolo della saga, chiamato in occidente Zombie Zone e uscito su PS2 nel lontano 2004: come staranno Aya e Saki a distanza di 16 anni e in un mondo profondamente cambiato?
La risposta è “incredibilmente bene” vista la peculiare occupazione delle due: senza entrare troppo nel merito infatti le ragazze, oltre ad essere accomunate da un particolare gusto per un vestiario eccentrico, si trovano similmente sin da subito immerse in un problema non da poco: un’apocalisse zombie. Vestendo dalle prime battute i panni di Aya saremo chiamati a ripercorrere le vicende di una famiglia disastrata e stranamente connessa con l’epidemia di morti viventi. La sorella maggiore cercherà la minore con l’aiuto di una misteriosa e ambigua figura, ma sulla strada del ricongiungimento troverà da subito una marea di cadaveri inferociti che proveranno a fermarla e saremo noi giocatori a doverle dare una mano a farsi strada attraverso le membra purulente e gli arti sanguinolenti, tutti tagliuzzati a dovere.
Si tratta di una storyline diretta, breve e precisa, priva di fronzoli e pragmatica come solo un titolo del 2004 sapeva essere: la longevità è minima e in una decina di ore potremo avere ragione di tutta quanta la faccenda. Nessun bisogno di fermarsi a riflettere (su cosa poi?) o di godersi le atmosfere di gioco: gli zombie non si tagliano da soli, e qualcuno dovrà sobbarcarsi questo gravoso, sanguinolento compito.
Dal 2004 ad oggi ciò che è certo è come il gameplay si ammoderni per rimanere al passo coi tempi, o almeno ci provi.
Oneechanbara propone una sfida hack ‘n slash semplice con forti tinte musou: poche le combo e le varietà di approccio e non particolarmente variegati i nemici, ma a fronte della breve durata della storia ciò non si nota più di troppo. In ogni caso confrontando l’apparato di gioco del primo Zombie Zone e quello del titolo di oggi è evidente come gli sviluppatori abbiano lavorato sodo per dare a Oneechanbara una spruzzata di modernità e abbiano rivisto il gioco completamente per renderlo davvero un titolo contemporaneo.
La sfida riesce solo in parte, perché anche a fronte degli incredibili passi avanti rispetto all’opera del 2004, pad alla mano il titolo si fa sentire ancora come qualcosa proveniente da un altro tempo, ma basta pensare alle origini del progetto e tutto ciò che può sembrare vetusto prenderà una piacevole accezione vintage e ci teniamo a precisare che non si tratta di prostituzione intellettuale, ma di avere una visione di insieme abbastanza ampia da poter valutare un lavoro.
Un discorso analogo a quello del gameplay si può fare per il comparto grafico: totalmente rimodellato da zero, l’apparato offre un impatto visivo non all’altezza di altre produzioni più “blasonate”, con ambientazioni scarne e animazioni semplicistiche, ma anche una fluidità di gioco del tutto apprezzabile e comunque divertente. Si tratta anche qui di un altro encomiabile passo avanti rispetto all’ancestore del 2004, in grado di mantenere viva la memoria di quest’ultimo e dargli onore.
Nel complesso tutta l’essenza del titolo gira proprio intorno alla sua volontà di riportare ai tempi nostri un titolo di ormai 16 anni fa: senza avere sott’occhio queste premesse il rischio è di vedere solamente i difetti che innegabilmente l’opera porta con sé: un comparto grafico semplicistico e un gameplay fin troppo canonico per quanto fluido sono solo un lato della medaglia, mentre sull’altro c’è un lavoro davvero encomiabile da parte degli sviluppatori per dare alla luce quello che è un vero e proprio remake.
I fan di lunga data della serie, per quanto in occidente siano questi sparuti e rari, troveranno in Oneechanbara Origins un ritorno in grado di scaldare il cuore degno della migliore operazione nostalgia, mentre coloro che come tanti non conoscevano il franchise potranno avvicinarcisi grazie a questa produzione e farsi una cultura. No, non avrei mai pensato di dire “farsi una cultura” parlando di una ragazza in bikini e cappello da cowboy che taglia zombie come maggese, ma la magia di Oneechanbara è proprio questa suppongo.
*versione testata: PS4, grazie al codice fornito dal publisher