I ragazzi della software house italiana PsychoDev tornano in pista con il seguito della loro prima avventura grafica Chronicle of Innmouth del 2017, e lo fanno col botto! Chronicle of Innsmouth: Mountains of Madness è infatti l’esempio perfetto di come un titolo appartenente a questo genere dovrebbe essere pensato e sviluppato, presentando una narrativa estremamente immersiva e risultando intrigante tanto quanto un racconto dello stesso H. P. Lovecraft a cui l’intera opera è ispirata. Ho avuto modo di giocare il titolo in anteprima per voi prima della sua uscita prevista per i primi di marzo ed io sono qui per parlarvene.
Questo prodotto nostrano si rifa ai fasti degli anni ‘80-’90, periodo in cui le avventure grafiche, per via della loro facile realizzazione e dei mezzi a disposizione dei programmatori, erano il medium principale dell’industria videoludica; nonostante la forte ispirazione, tale titolo riesce però a brillare di una luce propria denotabile da particolari caratteristiche stilistiche che ho sinceramente apprezzato, risultando un’ottima evoluzione del suo predecessore. L’opera originale infatti risultava, oltre che molto corta in termini di completamento, particolarmente scarna dal punto di vista grafico, quasi abbozzata; in Mountain of Madness il salto qualitativo è rimarchevole e va a tamponare con precisione chirurgica tutti i difetti presenti nel precedente capitolo divenendo un’avventura grafica imperdibile per tutti gli amanti di tale genere videoludico e, più ampiamente, dell’universo lovecraftiano. Andiamo a scoprire questo fantastico titolo qui di seguito.
“Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire.”
Mountains of Madness ci racconta ciò che è successo a Lone Carter subito dopo i tragici eventi che lo riguardavano in Chronicle of Innsmouth; il titolo si imposta quindi come un midquel, in quanto posto tra i flashback del 1920 riguardanti l’investigatore privato di cui vestiamo i panni in quest’opera e la disavventura principale del suo predecessore negli anni ‘30. Anche se il titolo è completamente giocabile senza avere il predecessore nel proprio bagaglio videoludico, trovo necessario fare un po’ di chiarezza nella narrazione riassumendo alcuni punti salienti utili alla comprensione.
Lone venne assunto dal dott. Armitage, curatore della biblioteca della Miskatonic University della città di Arkham,per indagare la misteriosa scomparsa di suo fratello John, uno studente di teologia andato in soccorso del predicatore cristiano ed amico Elliot nella malfamata e misteriosa cittadina di Innsmouth e di cui non si sa nulla da tempo ormai. Lone non avrebbe mai e poi mai potuto anche solo vagamente intuire gli orrori a cui avrebbe assistito in quella terribile città, e quanto questi avrebbero inciso sul resto della sua vita.
Dopo aver indagato accuratamente scoprì che la sparizione di ambedue i fedeli era dovuta alla presenza di una setta devota al culto di una strana ed ormai dimenticata divinità marina chiamata Dagon; tale culto, non volendo disturbatori, decise di liberarsi dei due stranieri rinchiudendoli nelle grotte poste sotto la loro chiesa in attesa di poterli usare per i propri scopi rituali. Lone purtroppo non arrivò in tempo per salvare John, ma vi era ancora la possibilità di condurre Elliot all’esterno e di recuperare la Tiara, una potentissima reliquia che l’Ordine Esoterico di Dagon aveva intenzione di usare per qualche temibile rito quando delle particolari stelle fossero state allineate, salvando così inconsapevolmente il mondo dalla distruzione. I due suddetti però, nel tentativo di fuggire, s’imbatterono in una delle più terribili e informi creature mai concepite da Lovecraft: quella massa carnosa ed informe, ricca di tentacoli, zanne ed occhi meglio nota come Shoggoth. Lone purtroppo venne catturato dalla bestia e solo Elliot uscì dalla grotta con la Tiara. Tutto questo porta alla timeline principale di Chronicle of Innsmouth, ma Lone era destinato a ben altro.
Tutti i giocatori del primo capitolo hanno creduto Lone, giustamente, morto… ma si sbagliavano! Mountains of Madness inizia con l’investigatore oramai morente, senza più due arti ed in un bagno di sangue, su una spiaggia di Innsmouth ad attendere il freddo abbraccio della morte. Ma qualcuno… o qualcosa… ha voluto diversamente! Lone si risveglia, vivo e vegeto, ma soprattutto tutto intero! Parte quindi un viaggio della speranza che lo riporterà ad Arkham, dove grazie al dott. Armitage dovrà indagare ulteriormente su tutti gli orrori di Innsmouth e sulla propria strana condizione di non-morte.
Tutto questo avviene contemporaneamente ad una spedizione in Antartide organizzata dalla Miskatonic e gestita dal prof. Lake, durante la quale i ricercatori s’imbatteranno in strane costruzioni scavate in una catena montuosa fino ad allora sconosciuta. Per chi ha dimestichezza con questo universo narrativo avrà già intuito che quest’opera è una perfetta trasposizione videoludica del romanzo Alle montagne della follia del 1936, ma alla quale è innestata in modo intelligente e caparbio la trama originale scritta dai ragazzi di PsichoDev.
Gli indicibili orrori trovati là dentro si legheranno quindi a Lone, in che modo però? Starà a noi giocatori avanzare tra omicidi rituali, sparizioni, occultismo e tanto altro ancora per scoprirne il nesso e a noi lettori capire quali siano i punti di contatto e di divergenza tra romanzo e videogioco. Ed io, essendo ambedue le cose, mi sono goduto appieno l’esperienza cogliendone i molti dettagli e rimandi.
Interfaccia semplificata e molto più efficace
Se Chronicle of Innsmouthmanteneva uno stile di gioco simile a quello dei titoli di ispirazione, nei quali era possibile effettuare una scelta tra diverse azioni per poter interagire con l’ambiente circostante, in Mountains of Madness il tutto è stato però semplificato, permettendo di interfacciarsi con il mondo utilizzando tre semplici tasti: con il più classico tasto sinistro del mouse raccoglieremo o interagiremo in modo diretto con gli innumerevoli oggetti presenti su schermo, oppure potremo interloquire con i vari personaggi; con il tasto destro, invece, potremmo analizzare l’oggetto o la persona cliccati; infine con rotellina del mouse potremo vedere tutti possibili punti d’interazione sullo schermo. Questo è un miglioramento non indifferente, in quanto nel primo capitolo molte delle azioni erano praticamente rimaste intonse e complicavano inutilmente l’interazione con l’ambiente circostante; qui, invece, sarà più semplice poter effettuare qualsiasi azione con qualche semplice clic, senza intaccare in alcun modo la sfida offerta dai numerosi enigmi tipici del genere. Tutti gli oggetti raccolti saranno disponibili nell’inventario, raggiungibile spostando il cursore nella parte alta dello schermo, e grazie al quale potremmo combinare i vari oggetti fra loro.
Nonostante le dinamiche di gameplay semplici, il titolo presenta una storia decisamente interessante da andare ad analizzare sapientemente al fine di risolvere l’incredibile e quasi assurdo numero di misteri che Lone incontrerà sul proprio cammino, richiedendo spesso ingegno e ragionamenti non convenzionali.
Miglioramento spaventoso… in tutti i sensi!
Mountains of Madness è avanti anni luce rispetto al suo predecessore, presentando una pixel art decisamente più evoluta e meglio animata, alternata a cutscene fumettose pregevoli. La grafica ci immerge quindi in un vero e proprio racconto a cavallo tra il noire, il fumettistico e l’horror sanguinolento, la cui magia è accentuata ulteriormente grazie all’ottima componente sonora (ottima già nel capitolo precedente), dovuta sia alla colonna sonora attinente, sia al doppiaggio inglese.
Questo upgrade dal punto di vista tecnico rende ancora più interessante quello che fu un progetto embrionale, facendomi sperare che la saga di Chronicle of Innsmouth possa avere un nuovo capitolo e migliorare ancora di più. Una grande dimostrazione del fatto che che anche l’industria videoludica italiana ha molto da raccontare nella sua continua evoluzione.
Conclusioni
Chronicle of Innsmouth: Mountains of Madnessè un titolo fantastico, in grado di far vivere appieno l’orrore dell’omonimo romanzo lovecraftiano a chiunque vi si approcci: in esso si possono ritrovare infatti tutti gli elementi topici e tipici del padre dell’occulto che vanno a delinearsi in una sequenza narrativa intricata, misteriosa al punto giusto e ricca di personaggi ben caratterizzati. Ancora una volta l’avventura grafica si dimostra essere il miglior genere videoludico per le opere d’ispirazione e/o trasposizione lovecraftiana, in quanto incentrate principalmente sull’investigazione.
Insomma un gioco che si rifà ai fasti del passato riuscendo a caratterizzarsi ed imprimere il proprio segno dimostrando la vera forza dell’industria videoludica italiana e che troverete tra qualche settimana su Steam al prezzo di 19,99 €.
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