Avevano già avuto modo di parlare di Reisalin Stout, la conoscevamo già. Una ragazzina intraprendente, appassionata di alchimia, che ha cercato di affrancarsi da una cittadina limitante e con pochi orizzonti per diventare davvero una maestra nell’arte dell’alchimia, scontrandosi con i suoi genitori, le ristrettezze dei suoi compaesani, le difficoltà del percorso di formazione. Reisalin aveva già concluso questo suo viaggio, diventando un’affermata alchimista a Kurken Island, ma con Atelier Ryza 2: Lost Legends and the Secret Fairy Game, la giovane inizia un viaggio del tutto nuovo, con noi ad accompagnarla ancora una volta.
Sempre sviluppato da Gust, che tiene in mano tutta la fortunata serie Atelier, questo peculiare secondo capitolo è un raro sequel diretto, che riprende la narrazione conclusa con il primo Atelier Ryza: Ever darkness and the Secret Hideout dopo tre anni: Ryza è riuscita a diventare una conosciuta alchimista di provincia sull’isola di Kurken, mentre i suoi amici, Klaudia, Lent e Tao hanno lasciato la cittadina ognuno per seguire la sua strada. Tutta la vita passa tranquillamente all’atelier fino a che Ryza non riceve la visita di Moritz Brunnen, altro austero aristocratico che avevamo conosciuto nel primo capitolo. Brunnen da a Ryza un misterioso oggetto chiedendole di recarsi nella capitale del regno per indagare la sua natura e Ryza, vuoi per la sua insana curiosità, vuoi perché Kurken comincia a starle stretta, accetta di imbarcarsi in una nuova ricerca.
Raggiungendo la grande città di Ashra am Baird, la capitale incontra ben presto proprio i suoi vecchi amici, tutti trascinati nella multiforme metropoli dai loro percorsi personali. Qui Ryza si accorgerà che il suo gruppo storico è davvero maturato molto e anche lei non dovrà mostrarsi da meno: la grande città è totalmente diversa dalla piccola Kurken, e la sua spinta propositiva cambierà profondamente la ragazza. A questo si aggiunge il fatto che Ryza non riesce a tenersi fuori dalle nuove ricerche di Tao, diventato uno studioso, che indaga sulle numerose rovine che circondano la capitale. Accompagnandolo in una di queste, Ryza assiste ad una grandiosa reazione del misterioso oggetto affidatole da Moritz Brunnen, che si rivela essere un uovo e si schiude davanti ad un criptico murale in rovina. dall’interno dell’uovo esce la strana creatura nota come Fi, che in breve tempo diventa un membro a tutti gli effetti del ritrovato gruppo.
Tutti i misteri che circondano i ragazzi sembrano però infittirsi: che cos’è Fi? Come è finito il suo uovo nelle mani di Brunnen? Perché questo sembra collegato con le rovine sulle quali Tao sta indagando? Il viaggio in cui la giovane alchimista è appena iniziato, e la porterà a scoprire dei segreti ancora più profondi e importanti di quelli che abbiamo svelato nel primo capitolo. Se Kurken Island aveva dei lati nascosti, la labirintica città di Ashra am Baird e le sue rovine ne avrà ancora di più, e nessuno del gruppo di Ryza ha intenzione di lasciarli riposare in Pace
La trama si snoda in maniera lineare e definita, con la quest principale che si vede costellata di eventi secondari legate ai percorsi dei molti personaggi. Le quest secondarie sono semplici e dirette, legate alla meccanica dell’alchimia e si concludono in davvero poco tempo, lasciando spazio al resto del comparto narrativo. D’altra parte c’è anche da dire che concentrandosi sulla trama principale, si nota subito come questa sia purtroppo leggermente inferiore in quanto qualità a quella del capitolo precedente, e in ogni caso mostri più che mai personaggi con iterazioni tra loro fin troppo semplicistiche, frutto di uno studio che si basa molto su delle figure canoniche e davvero basic senza approfondirle più di tanto. In ogni caso la narrazione scorre, e senza porsi troppe domande o farsi troppe aspettative la storia prosegue fluida e beverina, permettendoci di fruirne in maniera immediata e concentrandoci anche sul resto dell’opera, sia in termini di gameplay che di tutto il resto.
Parlando poi del gameplay, questo è in ultima analisi del tutto riconducibile al primo capitolo, pur arricchendosi di qualche particolarità, per la verità non tanto relative alle meccaniche di crafting, ereditate dall’intera serie o a quelle del combattimento. Il grosso delle novità è introdotto dall’introduzione del comparto relativo ad una simil archeologia studiata in primis da Tao, che induce il giocatore a cercare indizi e scritti tra le rovine da collegare poi tra loro per scoprire davvero i segreti che sono poi i motori delle forze che muovono Ryza e il suo gruppo. Il gameplay nel complesso è in ogni caso coerente con l’esperienza già proposta con il resto della serie e comunque scorrevole, non presentando particolari nodi di difficoltà la offrendo comunque per l’endgame qualche sfida per i più coraggiosi.
Dal punto di vista tecnico e grafico Atelier Ryza 2: Lost Legends and the Secret Fairy fa un salto in avanti rispetto al primo capitolo: visivamente il prodotto è davvero superiore a quanto finora mai visto. Il colpo d’occhio, comunque portando tutti i limiti delle produzioni orientali, offre scorci notevoli con un sistema di luci molto piacevole. Sempre fin troppo semplice invece è tutto il comparto di animazioni facciali, davvero molto ridotte.
Complessivamente dunque, l’ultima fatica di Gust e Koei Tecmo è comunque promossa, in quanto compie davvero un passo avanti rispetto al capitolo precedente. Anche a fronte delle limitatezze della trama e qualche incertezza sul piano del comparto grafico, il prodotto è del tutto soddisfacente e offre ai giocatori esattamente quello che si aspettano. Non c’è motivo di dirsi delusi: Atelier Ryza 2 non rischia nulla e può solo vincere, e infatti così è. Il futuro della serie è assicurato e anche questo ultimo ingresso non fa altro che consolidare dei binari già oltremodo ferrei. Noi, dal canto nostro, resteremo a bordo e vedremo dove ci porterà la saga Atelier, magari ancora in compagnia della solare Ryza Stout.
*Vesrione testata: PS5, grazie al codice fornito dal publisher