Returnal, il nuovo roguelike a tema sci-fi in esclusiva PlayStation 5 sviluppato da Housemarque ed edito da Sony Interactive Entertainment, è stato un’esperienza indiscutibilmente affascinante nel suo disturbante svolgersi. Un’avventura che inizia con un approccio sci-fi abbastanza classico, ma che, evolvendosi, cambia drasticamente il proprio focus divenendo un viaggio introspettivo ai limiti dell’inverosimile e dell’orrore psicologico che desta il pensiero di doversi confrontare quotidianamente con il proprio insostenibile senso di colpa. Un’opera che è riuscita a coinvolgermi parecchio man mano che mi ci immergevo, ma che, a conti fatti dopo averne visto anche il finale segreto, risulta essere un po’ troppo evanescente non riuscendo a consolidare tutte le sue valide caratteristiche con un senso più alto del semplice, estremamente allegorico ed eterno ritorno a cui la protagonista, e di riflesso noi, siamo esposti. Un titolo che ho adorato dal punto di vista ludico, ma che non è riuscito a lasciare un’impronta abbastanza profonda nel mio cuore da videogiocatore affamato di grandi storie. Ma andiamo a vedere il tutto nel dettaglio.
La nostra verità celata su Atropo
Il viaggio narrato in Retrunal ha inizio nello spazio più remoto e profondo, più precisamente nei pressi del misterioso pianeta alieno battezzato come Atropo, sul quale l’astronave atta all’esplorazione spaziale chiamata Helios, sta per atterrare. Alla sua guida troviamo Selene Vassos, astronauta dell’Astra, agenzia spaziale che in un futuro prossimo non meglio specificato andrà a sostituire la Nasa; ma, poco dopo aver varcato l’atmosfera atropiana ed aver ricevuto il segnale di una misteriosa Pallida Ombra, fa la comparsa una figura che tormenta da sempre la vita psicologicamente disturbata di Selene: l’Astronauta, ma non quello futuristico dell’Astra, bensì la sua versione più classica del XX secolo.
Egli apparirà all’improvviso di fronte alla nave, causando un terribile incidente con una compromissione irreversibile del nostro fidato Helios, lasciandoci impossibilitati a comunicare con il qg Astra, totalmente da soli ed impauriti su di un pianeta del tutto inospitale, in particolare per via della sua inospitale fauna con cui ci scontreremo fin troppo presto armati della nostra pistola d’ordinanza. Le rovine dentro al quale ci troviamo suggeriscono però a Selene il fatto che vi sia stata sul pianeta una xenociviltà, ormai decaduta da quelli che sembrano essere molti secoli, ma le cui armi e xenotecnologie sono ancora disseminate qua e là, pronte per essere sfruttate da noi poveri malcapitati.
Continuando ad esplorare, con come unico possibile obiettivo quello di seguire il segnale proveniente dalla Pallida Ombra, ci imbatteremo in un cadavere appartenente ad un altro esploratore Astra… o almeno così ci si aspetterebbe normalmente. Il cadavere infatti è inspiegabilmente quello della stessa Selene, che pur essendo scioccata da ciò deve avanzare per poter scappare dall’incubo in cui è finita. Ma le creature sono troppe e fin troppo agguerrite, e non vi è nulla da fare se non esserne sopraffatti e morire tragicamente finendo dimenticati per sempre ai confini dell’universo.
O meglio: le cose normalmente dovrebbero andare così. Ma questo non ha nulla di normale, ed il suo nome d’origine mitologica ce lo ha suggerito fin da subito: per i greci Atropo era la maggiore tra le Moire, le tessitrici della vita degli esseri umani; Cloto ne iniziava il ciclo filando, Lachesi girava il fuso sancendone l’andamento ed infine Atropo ne sanciva la fine tagliando il filo con le proprie forbici. Questo pianeta non poteva chiamarsi altrimenti, poiché, oltre ad essere pregno di morte, ci priva totalmente della possibilità di morire, riportandoci ogni volta che ciò succede agli istanti successivi all’incidente, con l’Astronauta onnipresente a tormentarci, assieme alla nostra casa ritrovata inspiegabilmente sulla superficie di questo pianeta. Un ciclo infinito che ha portato alla follia infinite Selene e che rischia di portare anche noi alla medesima condizione.
Bisogna trovare la Pallida Ombra.
Bisogna rompere il ciclo.
Non vi è alternativa a ciò, se non un’eterna e atroce follia.
Benvenuti nel personalissimo inferno di Selene.
Rompere il ciclo
Ogni ciclo in Returnal muta totalmente la conformazione dei suoi biomi e di ciò che vi troviamo dentro, dalle armi ai curiosi artefatti che potremmo applicare alla nostra tuta per poter andare avanti posti di fronte ai numerosi ostacoli di Atropo. L’opera in questione è senza ombra di dubbio uno tra i migliori roguelike che io abbia mai giocato, grazie ad un arsenale di armi, con correlate abilità, molto diversificate e ad i suoi agguerritissimi nemici in grado di dare un’impronta decisamente bullet hell al tutto.
Returnal, sebbene estremamente punitivo, è molto divertente da giocare e soprattutto da scoprire. Man mano che si avanzerà al suo interno sbloccheremo sempre più potenziamenti ed artefatti, permanenti o meno, che andranno a migliorare sempre di più il nostro approccio col gioco stesso, assieme ad una buona dose di esperienza che, come in ogni roguelike, è quella che alla fine dei conti fa veramente la differenza. Diverrà sempre più naturale spostarsi al suo interno, costruire le varie build, capire in cosa spendere o meno le proprie risorse, di quali xenodispositivi fare uso in un dato momento. La morte di Selene è parte integrante del percorso che il giocatore intraprenderàe perciò non va rinnegata, ma anzi accolta nel proprio bagaglio, imparando dai propri errori e migliorandosi ad ogni rinascita,
Insomma un’esperienza che si deve provare sulla propria pelle e che non può (ma soprattutto non deve) trasparire da una semplice recensione. Finire Returnal, nonostante la sua evidente difficoltà, è estremamente appagante e divertente, e se pure un Senzamani come me è riuscito a farlo sbloccandone anche il finale segreto, è un’esperienza alla portata di tutti con un briciolo di pazienza.
Meno bene è invece l’impossibilità di poter chiudere il gioco a propria discrezione, ma dover obbligatoriamente finire la propria run sul momento per non perderla definitivamente, cosa impraticabile dalla maggior parte dei giocatori in quanto pochi possono stare più di un’ora e mezza sulla propria PlayStation 5. Mettere la console in modalità riposo non può e non deve assolutamente essere considerabile una soluzione, in quanto la vita è fatta di imprevisti e non si può contare sul fatto che non vi possa essere banalmente un black out in casa, giusto per fare un esempio vissuto sulla mia pelle. Trovo questa scelta stilistica di Housemarque non propriamente la migliore, soprattutto considerando che in molti altri roguelike (The Binding of Isaac ed Hades giusto per fare due esempi molto rilevanti) vi è la possibilità di riprendere dalla stanza dove si è interrotto la propria partita. Un gigantesco autogoal che potrebbe minare l’interesse di alcuni giocatori nei confronti del titolo in questione, nonostante la sua attrattività.
Dalle disturbanti foreste agli oscuri abissi del pianeta sconosciuto
Atropo risulta essere molto affascinante nella tetra ed orrorifica inospitalità, tra rovine millenarie decadenti, creature che sembrano essere partorite dalle menti di Scott, Cronenberg e Lovecraft ed una colonna sonora sempre calzante al momento ed alla zona che si sta vivendo. Un comparto tecnico soddisfacente ed estremamente godibile, ma che sicuramente non sfrutta al massimo le potenzialità della console sul quale il titolo è uscito in esclusiva nonostante le sue notevoli qualità.
Returnal risulta particolarmente fascinoso anche grazie alle differenti ambientazioni che offre al suo giocatore, che si troverà ad esplorare diversi biomi da dover progressivamente sbloccare, tutti caratteristici (anche dal punto di vista sonoro) e con diverse modalità d’approccio, offrendo uno scorcio su quanto vasto e misterioso possa essere Atropo nella sua mortifera magnificenza.
Conclusioni
Returnal vale appieno tutte le ore che ho speso per giocarlo, anche se alla fine di tutta l’esperienza mi sono ritrovato con una vaga sensazione di amaro in bocca. Mi sono spesso interrogato sul perché di ciò, sul perché dopo essermi così tanto divertito avvertissi questa sensazione. La risposta è arrivata dopo alcuni giorni di riflessione: l’allegorico viaggio compiuto da Selene non ha una vera e propria chiusura, ma va a spiegare semplicemente perché siamo giunti a doverlo intraprendere, omettendo dettagli a mio dire molto importanti. Questa sua “evanescenza narrativa”, potremmo dire così, non ha permesso a Returnal di fare breccia nel mio cuore, sebbene mi abbia oltremodo divertito.
Insomma un ottimo gioco grazie al suo non indifferente grado sfida, che va ad affrontare una tematica tanto importante quale delicata come l’eterno fronteggiare i propri sensi di colpa in modo un po’ troppo evanescente. Una buonissima intelaiatura narrativa che non viene approfondita a dovere e nei giusti modi, lasciando in sospeso fin troppi perché, ma che nonostante tutto riesce a suscitare una notevole empatia dei giocatori dei confronti della protagonista, condividendone l’enormità del peso della sua terribile colpa in quest’eterna espiazione. Un viaggio affrontato nelle profondità, ma non dello spazio come si crede all’inizio, bensì in quelle di un tormentato animo umano.
Returnal
79,99 €Pros
- Ottimo spunto narrativo...
- Un gameplay frenetico a cui appassionarsi scoprendone tutti i segreti
- Diversi biomi caratteristici, ciascuno coi propri approcci differenti
Cons
- ...un po’ evanescente nel suo svolgersi
- Impossibilità di chiudere il gioco durante la run senza riavviare il ciclo
- Un po’ ripetitivo sul lungo andare