Da anni quando si parla di hunting game ci si trova sempre nelle terre di Monster Hunter con la serie targata Capcom che con la moltitudine di iterazioni su tutte le piattaforme ha cannibalizzato il mercato lasciando le briciole e poche speranze a tutti coloro che hanno provato a competere sullo stesso campo del franchise nipponico. Malgrado questo però Electronic Arts ha deciso di intromettersi in questo monopolio andando a dar vita, insieme a Omega Force (già autrice di titoli come Toukiden), ad una produzione che potrebbe andare ad interferire con la serie targata Capcom, stiamo parlando di Wild Hearts.
Respingere i mostri
Come nel caso del suo antagonista sul mercato il titolo di Electronic Arts e Omega Force non punta moltissimo sulla trama consegnando nelle mani dei giocatori delle vicende che risultano solo un pretesto per portarci a combattere i vari mostri che popolano il mondo.
Di base Wild Hearts ci mette nei panni di un cacciatore che viene in possesso di una misteriosa abilità che gli permette di creare dal nulla i karakuri, dei macchinari che tornano utili per ogni evenienza sul campo di battaglia, con l’obiettivo di salvare la cittadina di Minato dall’attacco di mostri furiosi. Nel tentativo di mettere in salvo la città incontreremo una moltitudine di personaggi che risultano più caratterizzati della media del genere riuscendo a dare una spinta in più al comparto narrativo che, come detto, non risulta il fulcro del gioco.
Si va a caccia
Fulcro del gioco che, ovviamente, lo troviamo nel gameplay con il titolo che trae spunto e ispirazione da titoli come Monster Hunter mettendo insieme una base action e degli elementi GDR che vanno a definire il contorno dell’opera. Così come in classici hunting game come Monster Hunter troviamo una buona quantità di armi che consentono di variare la tipologia di approccio nelle epiche battaglie contro i mostri: in particolare abbiamo a disposizione otto armi che spaziano da katane allungabili utili per sferrare colpi sempre più potenti oppure il più classico degli archi per aver la meglio a distanza con delle interessanti meccaniche legate alle frecce (è possibile colpire il nemico con una freccia esplosiva facendola detonare con il secondo colpo). A seconda dell’arma selezionata ci sono quindi delle tecniche specifiche che possono portare a nostro vantaggio lo scontro, l’unico problema però risiede nel bilanciamento di quest’ultime: alcune armi risultano infatti più performanti di altre con i giocatori che, soprattutto nelle fasi iniziali, potrebbero preferire le katane al posto di altri attrezzi più lenti e che richiedono più tempismo nei movimenti. Proprio il tempismo risulta fondamentale nelle battaglie con i kemono dato che i mostri sono molto aggressivi sin dalle prime battute di gioco andando a complicare la vita ai giocatori utilizzando talvolta combinazioni di attacchi per aver la meglio. Ogni mostro può infatti cogliere di sorpresa il giocatori in ogni momento anche se ci si posiziona ad una distanza di “sicurezza” da quest’ultimo: i kemono infatti cercano sempre di attaccare da qualsiasi posizione o saltando addosso al protagonista oppure utilizzando attacchi a distanza; a concludere il tutto poi fa capolino anche il classico momento di rabbia del nemico che si attiverà una volta subiti ingenti danni, in questi casi i mostri diventano sempre più pericolosi sia per i danni che per la frequenza degli attacchi che vanno ad aumentare pericolosamente.
Per contrastare i pericolosi mostri non abbiamo a disposizione solo le otto armi ma anche dei macchinari chiamati karakuri: questi sono degli oggetti che alla lunga diventano fondamentali negli scontri con i kemono e lo si capisce sin dall’inizio. In alcuni casi infatti questi macchinari permettono di respingere abilmente gli attacchi speciali dei nemici neutralizzandoli andando così a contrattaccare guadagnando un po’ di vantaggio nello scontro. L’utilizzo di questi oggetti va praticamente di pari passo con le armi tanto che il team di sviluppo ha implementato delle mosse combinate tra l’uno e l’altro permettendo ai giocatori di studiare vere e proprio combo e strategie per abbattere i kemono. Ovviamente gli utilizzi dei Karakuri non sono infiniti così da non sbilanciare eccessivamente il combattimento e renderlo sempre interessante e impegnativo.
Kemono con qualche inciampo tecnico
Dal punto di vista grafico il titolo si presenta bene con modelli e texture curate sia per quanto riguarda i personaggi sia per i mostri con questi che godono di animazioni decisamente ben fatte ed una fluidità invidiabile in ogni situazione, questi poi sono ispirati direttamente ad animali presenti in natura andando dai ricci ai cinghiali e così via non avendo particolari guizzi verso il mondo fantasy.
Dal lato tecnico invece abbiamo trovato qualche imperfezione con qualche bug e alcuni pop-in di troppo nelle fasi più concitate.
Apprezzabile poi il comparto sonoro che riesce ad accompagnare decisamente bene le battaglie con lo stile nipponico che la fa da padrone, senza contare poi la localizzazione completa in italiano con la presenza del doppiaggio nostrano che risulta ben fatto.
Un titolo coraggioso
Wild Hearts è un titolo coraggioso che prova ad introdursi in un mondo, quello degli hunting games, che fino ad ora è sempre stato monopolizzato da Capcom e dai suoi Monster Hunter. Omega Force ha percorso una strada difficile ma lo ha fatto nel migliore dei modi confezionando un prodotto decisamente valido in grado di intrattenere e dare una valida alternativa alla serie sopracitata. Ovviamente il è quasi impossibile arrivare sugli stessi livelli del mostro sacro targato Capcom ma Wild Hearts gode di un gameplay sicuramente divertente grazie alle combinazioni tra armi e karakuri che consentono molti approcci diversi per tutte le situazioni. Se cercate un’alternativa a Monster Hunter Wild Hearts è sicuramente all’altezza.
*Versione Testata: PS5, grazie al codice fornitoci dal publisher