Diablo III è un gioco che già di per sé non avrebbe bisogno di alcuna descrizione aggiuntiva: presentato nel 2008 come seguito dell’amata e iconica saga omonima, è stato pubblicato a maggio 2012, quando lunghissime file di fans si accalcavano presso i rivenditori per assicurarsi una loro copia dell’ultimo capitolo di una delle serie di GDR più importanti e fondamentali della storia stessa del genere.
Diablo infatti, e il suo sequel diretto Diablo II è di fatto stato un fenomeno che è cresciuto di pari passo con tutta una generazione di videogiocatori, aiutandola a definirsi di conseguenza nelle sue diversità da quelle precedenti e le successive. Il terzo atto era dunque un successo annunciato già dal momento della sua presentazione perché avrebbe (e fattivamente ha) unito sotto un’unica bandiera i veterani della saga e le nuove leve che vi si approcciavano per la prima volta, sia quelle incuriosite dal gameplay iconico e riuscito, sia quelle che venivano richiamate “semplicemente” dall’eco che solo un titolo del genere può avere.
Se comunque a cinque anni dal lancio di un titolo, ci sono ancora molti giocatori che ne parlano e ne vivono le esperienze che questo propone, probabilmente non stiamo parlando proprio di fuffa, ma di un progetto pensato per durare sia dal punto di vista artistico sia da quello del divertimento, anche grazie al supporto costante degli sviluppatori.
Parlando di supporto, Blizzard non ha mai fatto economia nell’assicurare il suo a tutti i suoi titoli, e Diablo III ne è l’ennesima ovvia prova: dopo infatti aver arricchito in maniera considerevole il gioco base con l’espansione Reaper of Souls, che aggiungeva un nuovo atto della campagna principale, nuove ambientazioni, set e boss, gli sviluppatori hanno rilasciato un nuovo contenuto scaricabile: Rise of the Necromancer, il quale comprende una nuova classe giocabile, il Negromante, richiesta a furor di popolo da tutti i fan che, nostalgici, ricordavano il tetro personaggio da Diablo 2, e un modesto numero di elementi volti a celebrare il ritorno di quest’ultimo anche nella storia contemporanea della saga.
CHILDREN OF THE GRAVE
Il Negromante è la gioia per gli occhi di tutti coloro che hanno il particolare gusto del gore, dei teschi e del sangue all’interno dei GDR, e che tendono a creare dei personaggi esteticamente aggressivi, la cui iconografia è spesso ripresa di pari passo nelle scelte artistiche operate visivamente dalle band Black Metal. Per quanto riguarda le animazioni, quelle del PG di per sé sono sì fedeli e coerenti alla fisica in fase di movimenti, ma forse un po’ scarne e ripetitive quando si tratterà di castare un incantesimo; quelli che invece saranno gli effetti visivi delle suddette magie sono come sempre curate, azzeccate e intriganti nel loro essere terribilmente viscerali, cattive e quasi splatter, riuscendo a porsi come un importantissimo elemento di caratterizzazione del personaggio sia ad un primo sguardo che in ultima analisi.
La nuova classe è stata supportata dalla presenza di set specifici ispirati e di grande potenza di impatto visivo: dal set ricalcato sull’immagine dei dottori della peste del 1300 a quello che mette il guardiano dei morti nei panni di un angelo folle e truculento, il nuovo contenuto aggiuntivo di Rise of the Necromancer permetterà ai giocatori di combattere una violenza infernale che inonda il mondo degli uomini con un altro tipo di violenza, più malata e più distruttiva che mai.
Dal punto di vista del gameplay il Negromante introdurrà una meccanica del tutto nuova in Diablo III: il controllo dei cadaveri. Ogni volta infatti che uccideremo un nemico, questi lascerà dietro di sé il corpo che noi, come il nostro buon nome impone, saremo in grado di utilizzare e controllare al fine di uccidere nuovi nemici, creare nuovi cadaveri e dare il via ad un effetto valanga che si concluderà solamente con lo sterminio totale delle truppe infernali avversarie. Potremo dunque fare esplodere i corpi inermi dei mostri che poco prima ci avevano attaccato creando una divertente e in senso sadico assai soddisfacente reazione a catena di scoppi di budella e sangue, oppure in maniera più “pulita” evocare scheletri e maghi dell’oltretomba che combatteranno per noi, permettendoci di goderci in tranquillità un panorama sempre più libero di demoni delle lande infernali.
Se vogliamo, questo secondo stile di gioco è forse più funzionale dal punto di vista delle prestazioni e più semplice da attuare, ma risulterà molto meno d’azione rispetto ad altri, in quanto dovremo premurarci solamente di avere evocati il numero maggiore di servi (richiamabili tramite un semplice tasto) e guardarli fare strage delle orde dei maligni; certo, in questo modo avremo il totale controllo della situazione tramite delle meccaniche che sono comunque sottomesse alla nostra gestione, ma saranno davvero divertenti come le altre già disponibili all’interno del gioco?
D’altra parte una cosa che sarà davvero soddisfacente per tutti sarà il rivivere la campagna principale in compagnia del pallido guardiano delle tombe introdotto con il DLC Rise of the Necromancer: se infatti ripercorrere le gesta del Nephilim nella storia proposta dal titolo nel corso degli anni ha perso mordente più per l’abitudine che per la qualità della narrazione, affrontare i vecchi nemici e esplorare le ormai conosciute zone utilizzando il Negromante potrà dare una boccata di freschezza e novità, grazie soprattutto alle nuove abilità del PG, che sebbene siano stilisticamente simili a quelle di molte altre classi (attacchi ranged AoE, dash di riposizionamento ecc. ecc.) si affermano per la loro grande potenza e il loro bilanciamento rispetto a tutto il resto del prodotto, frutto evidentemente di uno studio approfondito e encomiabile degli sviluppatori.
L’ETERNA LOTTA TRA IL BENE E IL BENE
L’ultima feature introdotta con Rise of the Necromancer sono i Varchi di Sfida: questi nascono quando un giocatore completa un varco maggiore e decide di sfidare la community online a concludere lo stesso dungeon (quindi con gli stessi nemici e la stessa mappa) utilizzando la medesima classe, livello e equipaggiamento da lui settato in un tempo minore: se dunque il giocatore X dovesse concludere un varco maggiore per assurdo con una classe barbaro a lv 60, settato con equipaggiamento verde in 5.00 minuti, la sfida consisterebbe nel concludere lo stesso percorso con lo stesso personaggio in un tempo inferiore a quello dello giocatore che ha lanciato il guanto. I varchi di sfida ruoteranno ogni lunedì, permettendo ai giocatori ogni settimana di cimentarsi in nuove prove e, battendo i tempi migliori, ottenere delle casse settimanali contenenti materiali di creazione rari e frammenti del sangue. Nonostante dunque potrebbe non piacere a tutti il fatto di non poter utilizzare il personaggio da noi creato per imporsi sugli avversari (elemento di fatto fondamentale in ogni gioco di ruolo), questa novità introdotta con l’aggiornamento ha come obiettivo quello di innalzare ancora di più il livello di competitività di Diablo III e di permettere ai giocatori che sentono di essere i migliori di dimostrarlo davanti agli uomini, agli angeli e ai diavoli.
In conclusione, Rise of the Necromancer porta sì qualche contenuto inedito, ma sebbene venga presentata una classe nuova, lo stile di gioco rimane quello vecchio. Amato da molti certo, ma vecchio. Anche l’aggiunta delle missioni settimanali dei varchi di sfida si pone infatti in una doppia luce: da una parte quella di un gioco competitivo che spinge i giocatori a dare il meglio di loro per prevalere in un clima sportivo sugli avversari, ma dall’altra lo fa sfruttando un’impersonalità che in un GDR è quanto meno inappropriata.
In ultima analisi l’espansione si dimostra essere mirata a fare breccia nei cuori dei fan di vecchia data del brand, non solo per il fatto che proprio da parte loro giunse tempo fa la richiesta di implementare il Negromante, ma anche perché probabilmente chi già ama questo gioco verrà invitato a nozze dai suoi nuovi contenuti, mentre chi già ha dei dubbi sul titolo di per sé, non verrà da questi fugato tramite questo nuovo DLC.