Il concetto di divinità è sempre stato presente nel corso della storia umana: abusato in passato e bistrattato ai nostri giorni, ogni uomo non può negare che questo sia assolutamente presente nella sua vita quotidiana, volente o nolente. È un concetto molto delicato, da affrontare con una certa sensibilità e responsabilità, e per questo nell’industria dell’intrattenimento viene spesso solo vagamente sfiorato, senza volutamente approfondirlo, per non urtare il credo di alcuno o non commettere gaffe poco diplomatiche. In Crest ci troviamo nuovamente di fronte a questa nozione, ma in una maniera del tutto innovativa, allo stesso tempo scontata e profonda, e in questa sede cercheremo di entrare nel dettaglio di un videogioco che coraggiosamente comincia una scalata ad un Olimpo ideale.
Non son proprio adatto io, a diventar un nuovo Dio..
L’ossatura del gameplay di Crest è quella di un gioco di strategia gestionale in tempo reale, ma quello che rende particolare il titolo sviluppato ed edito da Eat Create Sleep è il fattore primario e alla base del gioco: l’utente è Dio, e in quanto tale dovrà gestire il benessere dei popoli di creature inferiori umane che per legge di natura sono sottomessi a lui. Patrocinerà dunque la costruzione di città, la caccia, i raccolti, il commercio tra i centri abitati e le guerre esattamente come in qualunque Age of Empires, Rise of Nation etc. etc. ma con un atmosfera del tutto diversa.
Le differenze sono evidenti anche a livello di meccaniche di gioco, in quanto i nostri ordini non potranno essere impartiti come negli altri titoli di questo genere semplicemente cliccando su unità o struttura e scegliendo l’opzione più congeniale, ma dovranno essere imposti come veri e propri editti divini che legheranno determinate categorie di persone alla nostra celestiale volontà. Si tratta di una meccanica un po’ macchinosa (troppo?), per la quale nella nostra magnificenza ci potremo rivolgere solo a macrogruppi di persone, indicare un’azione e un destinatario di questa, inserendoli in tre apposite caselle di una tabella: per esempio, se vorremo ordinare agli abitanti di una città costiera di procreare, metteremo nella prima casella “abitanti della costa”, nella seconda l’azione “produci” e nella terza “pargoli”. Essendo questo un sistema del tutto limitante, non avremo la possibilità di comunicare con i nostri fedeli se non per mezzo di poche parole predefinite, in misura insufficiente all’inizio e proseguendo nel tempo più varie, ma sinceramente poco pragmatiche e utili, rendendo in questo modo l’esperienza ludica legnosa, ma forse giustificata nella “lore” per il fatto che seppure essendo noi entità superiori, stiamo comunicando con tribù poco più che primitive, che non possono certo nemmeno avvicinarsi alla nostra scienza, costringendo così anche un Dio a doversi abbassare al loro livello espressivo.
Anche il menù attraverso il quale è possibile gestire le creature e impartire gli ordini si dimostra, per quanto visivamente apprezzabile, confuso e poco intuitivo, rendendo in questa maniera difficile orientarsi e dare un seguito pragmatico alle nostre intenzioni.
Responsabili della creazione
Il comparto grafico di Crest è sottomesso ad un dualismo che ne determina croci e delizie: interessante e particolare ad un primo sguardo, questo sembrerà col passare delle ore di gioco perdere mordente, nonostante le scelte operate a livello artistico siano del tutto encomiabili: i poligoni volutamente semplicistici e squadrati, così come la tavolozza cromatica che presenta tonalità di verde giallo e nero contrastanti tra loro infatti, vuole essere un enorme e riuscito tributo al continente africano e alla sua Rift Valley, che è stata millenni fa la culla della vita umana e, di conseguenza, anche dell’umano concetto di Divinità protettrice.
Dal punto di vista tecnico invece il titolo non si mostra scevro di difetti: i tempi di caricamento per la generazione procedurale delle mappe e per acceder alle partita sono veramente troppo lunghi, e durante il walkthrough ci sarà la possibilità di imbattersi in cali di frame rate e, molto più raramente, momenti di freeze completo del comparto visivo.
La colonna sonora da parte sua si mostra inappuntabile, proponendo delle arie evocative e in linea con la scelta artistica di ricordare l’Africa che accompagnano discretamente e in maniera rassicurante tutta la durata della nostra esperienza, riuscendo a non annoiare o frustrare con la grande ripetitività.
In conclusione Cres è un progetto senza dubbio interessante, che usando come mezzo un gameplay strategico in tempo reale e gestionale incentrato sia sulla singola unità che sui complessi cittadini, propone molti interessanti spunti di riflessioni filosofici su quanto sia in effetti Dio a dover dedicare tempo e impegno per il suo popolo e non vice versa, come potremmo egoisticamente pensare nel nostro comodo 2017.
Il punto di forza supremo del titolo di Eat Create Sleep è proprio quello di agire secondo maieutica e spingere il giocatore a porsi domande, inanellare pensieri e darsi risposte su questioni che sono molto più profonde e interessanti di quello che è l’ennesimo gioco di questo genere.