Il tempo guarisce le ferite, si dice, ma le cicatrici rimangono. A Gotham ne è rimasta più di una, e la città pare irrimediabilmente destinata a non vedere mai la pace. James Gordon ha lasciato la GCPD, la sua amata è felice con Mario Falcone, il figlio del celebre boss mafioso, e la città è colma di “mostri”: la situazione ha bisogno di una forte svolta, e la terza stagione della serie ha l’obiettivo di portare proprio questa.
La terza stagione di Gotham, è probabilmente la migliore a livello di trama. Questa infatti è densa, dinamica e mantiene un buon livello di intrattenimento lungo tutta la sua durata. Con il trascorrere degli episodi,però, è impossibile non notare alcuni dettagli palesemente riciclati dalla precedente stagione. Ad esempio, infatti, la situazione che vede James Gordon avetr lasciato la GCPD, mentre Harvey Bullock è intenzionato a convincerlo a tornare, ricalca palesemente, a parti invertite, le vicende avvenute nella stagione precedente. Anche il Pinguino che combatte il crimine per ottenere il consenso popolare e diventare sindaco ricorda fortemente le gesta ormai note di Theo Galavan.
La trama, comunque, mette in scena nuovi importanti personaggi a favore dello schieramento villain, tra cui spiccano in primis il Cappellaio Matto e La Corte dei Gufi.
Il primo è il criminale Jervis Tetch, interpretato da un ottimo Benedict Samuel, la cui sorella muoverà gran parte della trama della prima parte di stagione. Il secondo, invece, è un’organizzazione criminale che muove molti dei fili di Gotham, la cui imponenza, però, viene alla prova dei fatti, gestita in maniera insoddisfacente, forse troppo “rimpicciolita” da vincoli di trama. Tale dettaglio infastidisce soprattutto nel momento in cui alcuni personaggi vengono spinti a prendere il sopravvento scenico, ma privi di ogni interesse, risultano in realtà sono solo una grandemente noiosi.
Ciò che ancora rimane da migliorare, una volta analizzata la stagione nel suo complesso, è la gestione di alcuni villain: alcuni di essi infatti meriterebbero molto più spazio e continuità lungo gli episodi, mentre altri potrebbero venire tranquillamente lasciati in disparte, nonostante si debba comunque tenere certamente conto della vastità del roster, che complica il compito di dare a tutti il giusto peso; forse, col senno del poi, sarebbe più opportuno concentrare gli sforzi su una quantità minore di personaggi per favorire in questo modo una maggiore profondità caratteriale.
Convincono comunque ancora le due interpretazioni di Robin Lord Taylor (Pinguino) e di Cory Michael Smith (L’enigmista), nonostante la sceneggiatura abbia portato ad alcuni sviluppi di trama decisamente discutibili; ciò non influisce tuttavia in modo così negativo, complice il discorso sviluppato precedentemente: il profilo psico-fisico dei due criminali è infatti ben scritto e curato. Non c’è da sorprendersi quindi, se le performance continuino ad essere di ottima fattura.
In conclusione, Gotham riconferma il buon livello raggiunto, sia a livello di intrattenimento che a livello di interpretazioni. La sensazione che rimane però è quella che qualche personaggio di meno, ma meglio caratterizzato, conferirebbe alla serie quella gradevole nota introspettiva che tanto manca dalla prima stagione: creare un pizzico di empatia in più tra spettatore e interpretazione gioverebbe infatti non poco ad una serie che vede il puro intrattenimento come il suo punto di forza.
Bisogna fare molta attenzione in fase di stesura di questa serie, perché sfruttare personaggi tanto amati come sono quelli dell’universo narrativo di Batman solo con lo scopo di intrattenere in maniera totalizzante e poco approfondita, alla lunga potrebbe rischiare di provocare noia ai fan più intransigenti, soprattutto alla luce del fatto che la serie si era prefissata lo scopo di dar maggiore spazio al mondo del cavaliere oscuro più che al supereroe stesso, promettendo curate trattazioni sull’origine di alcuni dei suoi più celebri avversari.