Nel giorno del lancio di God of War, ci ritroviamo al quinto appuntamento con il #FeministFriday di Serial Gamer Italia, totalmente incuranti (non è mai vero) del lancio di quello che si può tranquillamente dire essere il gioco chiamato a primeggiare su qualunque altro visto prima durante questa generazione.
Per l’appuntamento di oggi avevo pensato di fare una cosa carina e calzante, e inserire come protagonista un personaggio femminile della saga di Santa Monica. Purtroppo l’approfondimento dei personaggi della saga di Santa Monica fino ad oggi non è stato dei migliori.
Nessuna Atena quindi, zero Pandora e il signore mi scampi dalle Afrodite varie, inserite durante la storia dello spartano solo per essere concupite.
La nostra rubrica con cadenza incredibilmente settimanale che ho pensato di importare con abile mossa dai blog letterari vede oggi come protagonista un personaggio che non viene mai chiamata per nome (poi vedremo ovviamente il perché): da Rakuen possiamo dare il benvenuto alla Mamma.
La storia di Rakuen infatti si snoda ponendo come protagonista un bambino, di cui ancora una volta non conosciamo il nome: e dal suo punto di vista che vediamo svolgersi la vicenda, e quindi non sentiamo mai nominata la sua Mamma per nome, ne sentiamo questa chiamare il figlio col suo. Sembra un’idiozia, ma a pensarci un attimo pone un grande accento sull’intimità che hanno questi due personaggi tra loro, in contrapposizione ai rapporti che hanno con gli altri protagonisti, chiamati (quasi tutti) regolarmente con il loro nome.
La narrazione ci fa conoscere i personaggi all’interno di un ospedale: il figlio di mamma è gravemente malato e non può abbandonare la struttura, perciò la madre, nell’andare a trovarlo, si offre totalmente a sostegno del pargolo e inizia a leggergli una storia: nel nostro mondo, e anche in questo ospedale, sono nascoste moltissime porte che possono condurre al fatato mondo della foresta di Morizora, un dio silvano che ha il potere di esaudire un desiderio a chi supererà le sue prove, e portare il vincitore con la sua nave magica lontano dalla foresta, dall’ospedale e dal mondo intero, verso l’utopia del regno di Rakuen. Nonostante la descrizione che ho fatto si avvicina pericolosamente fuori di metafora a quella di uno scafista libico, la mamma riesce a raccontarla al bambino con parole diverse e il piccolo, entusiasta si mette a scorrazzare felice e curioso per l’ospedale con la sua Mamma sempre accanto a lui, varcando le porte nascoste e scoprendo la magia della foresta di Morizora.
Conoscendo i colorati e divertenti abitanti della foresta il bambino riuscirà anche ad aiutare i molti pazienti dell’ospedale, e vivere delle giornate come mai prima d’ora, anche dal reparto degenti.
Voi direte a questo punto che mi sto concentrando sul bambino e non sulla nostra protagonista, e che quindi sono un quaqquaraquà con solo la passione di andare a catturar farfalle insieme al suo amico Pindaro: vera la seconda, falsa la prima.
L’eroismo con cui abbiamo a che fare in questo appuntamento è finora inedito in questa rubrica: non ci troviamo di fronte ad un personaggio colosso che lotta contro il male armato del potere dell’epos. Siamo davanti ad una madre vedova e con un figlio in fase terminale, e che nonostante veda la vita di quest’ultimo scivolare come sabbia dalle sue mani ha la forza di donarsi totalmente per preservare la gioia e l’innocenza tipica infantile fino all’ultimo momento.
Per più di tre quarti della (breve) durata di Rakuen io mi sono trovato ad avere le lacrime che spingevano dietro gli occhi, manco queste fossero dei testimoni di Geova e io avessi buttato la mia copia de La Torre di Guardia.
Con il cuore a pezzi, la mamma è un eroe che a sua volta crea un eroe.
Anche davanti ad un figlio calvo, con un cappello da guerriero samurai di carta, che sta per compiere un salto nell’abisso, la Mamma è un’ancora che non fa sparire per un solo secondo il sorriso durante i viaggi col suo bambino. Non per pietà o solo per non essere un peso, ma perché sa che quella ultima avventura è il suo ultimo regalo per il piccolo. E viceversa.
Il fatto che un uomo non debba piangere è una di quelle cose che ci impone la società fin da bambini, come il concetto che una donna debba stare a casa a fare la calza, e non è vero un cazzo (scusa per la parolaccia mamma). Rakuen mi ha permesso un’altra volta di ricordare quanto sia sciocca la prima affermazione.
L’apice del sudore da fermo, degli occhi gonfi e delle mani sulla faccia arriva nel finale del gioco.
Il bambino chiede, pronto a imbarcarsi per il regno di Rakuen fa una domanda che distrugge ogni resistenza emotiva come una bomba sulla carta straccia.
“Chi ci sarà per te, Mamma?”
È magnifico.
Chi c’è per gli eroi e le eroine, che combattono per noi? Chi è in grado di dare supporto al suo bastione, se ha bisogno della sua difesa?
Basta la gratitudine dei beneficiari? La memoria del motivo per cui l’eroe ha agito?
Non mi serve fare la marchetta all’uscita di God of War oggi perche la Mamma è forte più di Kratos, gli Dei olimpici e Norreni: è la protagonista del Feminist Friday di oggi perché agendo nella maniera più poetica possibile, è proprio lei a creare una storia, dipingerne l’eroe principale e, una volta concluso il libro, a serbarne il ricordo più bello possibile.
Sono giusto un attimo entusiasta, credo.
Giù il cappello (origami o no) dunque davanti a questo piccolo progetto indipendente, la protagonista che ha regalato alla nostra rubrica e un saluto a tutti, al prossimo appuntamento dal buon Pido!