Quando ho visto a schermo per la prima volta LEGO Worlds sono stato colto da un pensiero fugace senza quasi rendermene conto.
Ero seduto per terra su un tappeto, coi piedi scalzi e con le infantili manine intente ad armeggiare con variopinti mattoncini per creare una casa, un approdo per astronavi, il piano di un bar o una città intera. Ero saldamente piantato per terra, su quel tappeto, ma non me ne rendevo conto, perché quei variopinti mattoncini non andavano a costruire solo qualcosa di goffo e insignificante nella ristrettezza del salotto, ma creavano le fondamenta grazie alle quali i miei occhi semplicemente si appoggiavano alle piccole costruzioni per vedere qualcosa oltre ad essi, che era immenso e solo per me.
Città, case e spazioporti fatti di sogni e visioni bambinesche, ma saldamente cementati con quei piccoli, variopinti mattoncini.
Sono passati anni ormai, e il 10 marzo 2017 è stato reso disponibile per Playstation 4 LEGO Worlds, l’ultimo lavoro di Warner Bros e TT Games, che si sobbarca dunque l’onere e l’onore del tentativo di far rivivere le sensazioni che qui sopra ho solo provato a descrivere; non solo a me ovviamente, ma a chiunque al mondo sia abbastanza bambino da essere ancora capace di sognare a dispetto della sua età anagrafica, qualunque essa sia.
PIANETI DI MATTONCINI, SOLI DI CREATIVITA’
La calda voce narrante di Claudio Moneta ci accoglie sul nuovo titolo TT Games dandoci il benvenuto. Sullo schermo intanto, nello spazio profondo un disastroso guasto all’astronave sulla quale stava viaggiando il nostro personaggio ci costringe ad un atterraggio di fortuna su un pianeta sconosciuto.
È così che inizia l’avventura di LEGO Worlds, e dopo un breve tutorial sugli strumenti che avremo a disposizione per creare, modificare o distruggere la morfologia degli ambienti intorno a noi (creati esclusivamente di LEGO) possiamo finalmente partire alla volta di questa magnifica galassia di mattoncini, illuminati dai soli della creatività.
La nostra missione principale sarà duplice: da una parte trovare cento Mattoncini d’Oro, che non solo testimonieranno il nostro acquisito grado di abilità come architetto, ma sbloccheranno anche molti importanti strumenti che ci faciliteranno il vagare attraverso mondi sempre più vasti; dall’altra, durante le nostre peregrinazioni, saremo chiamati a collezionare la più grande varietà possibile di forme di mattoncini, personaggi sbloccabili, animali, veicoli e prefabbricati che potremo successivamente moltiplicare a nostro piacimento per dare ad ogni posto che scopriamo un tocco personale.
Gli ambienti che siamo chiamati ad esplorare sono dei pianeti creati proceduralmente dal computer (quindi potenzialmente infiniti) la cui morfologia è definita dai biomi che andremo ad incontrare. Su un determinato mondo potranno coesistere in tranquillità una landa polare, un deserto egizio e un giardino giapponese che noi setacceremo palmo a palmo alla ricerca dei Golden Bricks, che siano essi nascosti in delle casse celate nelle profondità di una grotta sotterranea, o che ci vengano offerti da qualche NPC dopo aver soddisfatto le sue richieste.
La varietà degli ambienti esplorabili è quanto mai godibile e ispirata, un inno al colore che è una gioia anche per gli occhi di chi non è un fan di LEGO; purtroppo però, alla lunga, anche questi differenti biomi perdono il potere di stupire a causa della ripetitività, principale croce di qualunque mondo si appelli alla meccanica della proceduralità.
Un altro problema è la mappa poco intuitiva: infatti nonostante sia giustificabile ed anzi apprezzabile la scelta artistica di avere un’interfaccia del tutto allineata con la grafica a mattoncini dei LEGO, in una feature che deve essere user friendly come la carta di navigazione, sarebbe stato forse meglio qualcosa di più facilmente intellegibile. Gli indicatori che segnano missioni da parte di NPC da compiere, la posizione della nostra nave e quella degli scrigni nei quali possiamo trovare schemi di costruzione, oggetti o Mattoncini d’Oro sono resi sia sulla cartina sia a schermo con delle colonne di luce colorate in maniera diversa, e questo porta ad un ulteriore difettuccio: la localizzazione dei punti di interesse (e in particolare delle casse) viene effettuata con estrema precisione in sole due dimensioni su tre, rivelando perfettamente latitudine e longitudine, ma lasciando un enorme punto di domanda sulla profondità o altitudine. Questo porta, una volta individuata la colonna di luce, a piazzarsi sopra di essa e iniziare a scavare nel terreno con l’apposito strumento fino al rinvenimento della cassa, lanciarsi nella voragine appena creata e risalire, incuranti del fatto che l’obiettivo potesse essere raggiunto tramite la capillare rete di caverne sotterranee che il level design propone. La ripetizione di questo processo per ogni colonna di luce che si trova non solo rende la ricerca e l’esplorazione estenuantemente noiosa, ma ancora peggio rischia di penalizzare il piacere esplorativo delle ambientazioni, privando così il titolo di buona parte della sua magia. Il giocatore deve dunque essere abbastanza responsabile da non abusare degli strumenti ricevuti per non mutilare pesantemente l’esperienza e saper utilizzare in maniera equilibrata il potere che ha in mano. In poche parole, deve sapersi divertire.
FALSI DEI DI UN NUOVO MONDO
Esplorati i biomi, raccolti i Mattoncini d’Oro e collezionati più schemi di creazioni possibili, è dunque il nostro turno di creare dal nulla un mondo tutto nostro, che avremo inoltre la possibilità di condividere coi nostri amici tramite il codice alfanumerico che lo identifica. Questa è probabilmente la più grande delusione del titolo. La creazione del nostro personalissimo mondo consta infatti semplicemente nella scelta delle sue dimensioni (piccolo, medio, grande) e dei biomi che desideriamo che siano presenti. Per il resto ogni tipo di caratterizzazione ulteriore si concretizzerà semplicemente nelle modifiche alla morfologia del territorio e all’impiego degli schemi creazione dei prefabbricati trovati fino a questo momento. Tutte grandi possibilità creative certo, ma in quanto realmente più estese di quelle che avevamo sui mondi scoperti e non creati? La nostra ricerca dei Golden Bricks è davvero valsa la fatica?
Quello di TT Games è un progetto ambizioso, che ci richiama alla mente alcuni elementi da altri titoli come il celebre Minecraft o il tanto vituperato No Man’s Sky soprattutto per la meccanica degli universi procedurali; parlare di plagio però è un’esagerazione: il titolo è rimasto in un lungo stato di gestazione sull’Early Access di Steam durato tre anni, nei quali ha di certo acquisito una caratterizzazione del tutto unica e personale donatagli soprattutto dalla presenza viscerale e fondamentale degli amati mattoncini. Esso si colora anche di irriverenti tinte della corrente Non Sense, che gli permettono di divertire sia nel senso filosofico che semantico del termine.
In conclusione, LEGO Worlds presenta sì delle pecche, sia dal punto di vista di meccaniche di gioco, sia sviste puramente tecniche, ma nel complesso si avvicina enormemente al suo scopo finale.
Il bambino dentro di noi che giocava seduto sul tappeto è di certo maturato e la sua sensibilità artistica si sarà di sicuro affinata. Avrà magari perso un po’ della sua capacità di sognare interminabili spazi usando come solo catalizzatore i variopinti mattoncini, e forse non se ne è nemmeno accorto, ma è esattamente in questa situazione che LEGO Worlds esplicita al massimo il suo messaggio: come fosse la personificazione della fantasia stessa, egli apre le braccia e ci riaccoglie tra di esse non dobbiamo sentirci in colpa se il bambino è cambiato poiché è naturale. Anche i LEGO e la loro potenza espressiva sono cambiati, e sono venuti a trovarci di nuovo per passare ancora del tempo insieme. Non più sul tappeto magari, ma sullo schermo nulla è cambiato.