A ormai un passo dal raggiungere la doppia cifra, siamo qui anche oggi incredibilmente e per la nona volta, a celebrare il FeministFriday secondo Serial Gamer Italia, di cui mi trovo ad essere umile quanto magnifico esponente.
Per l’appuntamento di oggi mi sono trovato come al solito ad essere in dubbio nell’eleggere la protagonista della giornata, ma a differenza delle precedenti volte in cui è successo (tutte), in questo ridente venerdì di maggio ho fatto una scelta più rivoluzionaria di quella volta che decisi di fare la pipì seduto: davanti all’iniziale scelta di eleggere entrambe le candidate a icone della nostra rubrica e la realizzazione del fatto che sarebbe uscita una cosa fin troppo lunga, ho optato per assurgere a “eroina” di oggi l’antagonista tra le due figure che avevo per le mani.
Forti del fatto di provenire dallo stesso universo narrativo, quello della saga di Dishonored, mi trovavo davanti a due facce dello stesso trono; ma se davanti ad Emily Kaldwin ci inchiniamo con reverenza, oggi diamo il benvenuto a Delilah Copperspoon.
Importantissime protagoniste della serie di Dishonored, come già detto, Emily e Delilah fanno parte della stessa famiglia reale, per quanto i loro cognomi suggeriscano altro. Emily infatti è la legittima erede al trono di Dunwall, figlia dell’assassinata imperatrice Jessamine Kaldwin e nipote del precedente sovrano Euhorn Kaldwin.
Delilah invece è nata bastarda da una scappatella di Euhorn in persona con una servetta di corte e, vista la natura della sua generazione, si è vista privata del cognome di Kaldwin per assumere un vago Copperspoon, molto più adeguato per evitare gli interessi dei maldicenti che si annidano tra la corte imperiale.
Si, Delilah Copperspoon è la zia di Emily Kaldwin.
Entrambe, anche se in maniera diversa, sin dalla tenera età si trovano a dover affrontare le difficoltà della vita a corte: Da una parte infatti c’è Emily, che deve fare i conti per tutta la vita con quel covo di vipere che è quella civetteria ai piedi del trono, che arriva perfino a ordire l’omicidio di sua madre. Dall’altra parte c’è Delilah, che nonostante la delegittimazione del suo status reale, riesce a diventare apprendista di un panettiere presso la corte dove ancora lavora la madre, e qui mantiene ottimi rapporti con la sorella Jessamine, sua compagna di giochi durante l’infanzia; Il loro essere consanguinee mostra sempre con maggiore chiarezza a Delilah la profonda differenza e relativa ingiustizia con la quale le due vivono. Un giorno infatti le sorelle, mentre combinavano una non meglio specificata bravata, vengono scoperte e redarguite dagli alti membri della corte, ma se la piccola Jessamine se la cava senza affanni, per Delilah e sua madre la storia è ben diversa: entrambe vengono infatti licenziate e allontanate dal palazzo, la Dunwall Tower, probabilmente dietro indicazione dell’imperatore Euhorn che pensa così di liberarsi di quelle persenze a corte, ormai imbarazzanti.
La madre di Delilah di li a poco muore di stenti e malattia, e la piccola bastarda è definitivamente segnata da questi avvenimenti: si rende finalmente conto in maniera chiara di quanto il mondo sia sbagliato, ingiusto e lurido, e che anche dietro la lamina di falso oro placcato dove i nobili si nascondono, la marcescenza cresce, fetida e impossibile da celare.
Delilah quel mondo vuole cambiarlo.
Si avvicina perciò giovanissima alle arti oscure, per le quali scopre di avere un talento naturale e una devozione che la portano a fare la conoscenza dell’Esterno, la divinità del vuoto e del grottesco che osserva annoiata il susseguirsi di ordine e caos dal di fuori della realtà. La giovane però non ha interesse nel culto del vago e nei misteri inconoscibili che cela l’Esterno: ha molto ben presente il male contro il quale sta combattendo e l’ingiustizia che vuole cancellare: l’indefinito caotico che il dio propone come soluzione non sono accettabili per Delilah. A metà strada tra religione, occultismo, magia e tecnologia, la figlia dell’imperatore crea un sabba di streghe del quale si mette a capo, ispirando le consorelle con la sua visione di un mondo giusto, luminoso e utopico.
Nascondendosi inizialmente a Villa Brigmore nella periferia di Dunwall, Delilah ordisce un attentato per imprigionare l’anima della piccola Emily Kaldwin all’interno di un ritratto magico (realizzato con l’arte arcana di cui solo la bastarda è maestra), possedere successivamente il corpo della figlia di Jessamine e da qui regnare sulle isole come suo diritto. Il piano però fallisce poichè sventato da Daud, l’assassino di Jessamine ormai pentito, e Delilah si mette al lavoro per creare un disegno ancora più grande: durante gli avvenimenti di Dishonored 2 infatti, la strega si adopera per incatenare l’intera realtà all’interno di un quadro magico, creando finalmente una dimensione illusoria ma bellissima, dove una luce sempre troppo opaca rischiara un mondo in cui non c’è spazio per alcuna ingiustizia, ma per un solo ordine, labile e mutevole, imposto finalmente dalla regina del Sabba.
Delilah infatti, a modo suo, è una regina in tutto e per tutto, la figura complementare di un’Emily Kaldwin che a sua volta combatte per ciò che crede giusto, e per riottenere ciò che le spetta di diritto. Davanti alle linee di azione della Copperspoon possiamo sedare la nostra coscienza e identificare lei come nostra nemica solo smettendo di riflettere sulla sua storia, sulla sua esperienza con la vita all’ombra di un potere forzatamente sorridente e sulla gestione di questo stesso potere.
Delilah è la protagonista del Feministfriday di oggi non tanto perché sia una donna a capo di una società di donne, il sabba, ma perché come donna, reietta e rifiutata dalla società è riuscita a trovare la forza di combattere per ciò che lei credeva giusto, snobbando i favori di un dio o una vita di agi che non avrebbe avuto difficoltà a ottenere.
Non siamo qui a discutere del fatto che la sua visione di una realtà idilliaca sia sbagliata o meno, perché non credo che nessuno abbia il diritto di giudicare nessun pensiero altrui (nei videogiochi come nella vita), ma siamo riuniti per evidenziare quanto diamine sia Forte Delilah, e quanta personalità sia riuscita a costruire anche in un mondo che le ha rubato il cognome. Un mondo nel quale lei cammina sola, algida e irraggiungibile, perché già con un piede su un gradino più alto nella sua scalata all’assoluto.
Insomma, mica pizza e fichi!
Un saluto quindi dal vostro pesce da lenza (uh ah ah) Pido e appuntamento a venerdì prossimo!