Manipulated è un puzzle game sviluppato da Wolfray Entertainment. Sul loro blog, troviamo un messaggio molto chiaro:
“We are Wolfray Entertainment. Our company was created in December 2014 and is based in California, USA. We found our studio on an idea that anyone can create games, regardless of their location, technical skills or other boundaries.”
Riassumendo, il loro obbiettivo è dimostrare che non esistono limiti nello sviluppo di un videogioco, se non – aggiungo io – la passione e l’amore per questo media. Andiamo a scoprire, dunque, se Manipulated ha concretizzato le premesse poste nel messaggio sopra riportato!
“I’m a Barbie boy, in a Barbie wo-o-ooorld!” (semicit. Trama)
Diciamocela tutta: quando si parla di puzzle game, non si può non pensare a Portal. Ho adorato entrambi i capitoli, che sono riusciti a coniugare un genere tipicamente asettico con una trama di fondo affascinante e pochi ma carismatici personaggi.
“Eih, ma qui stiamo parlando di Manipulated!”
Si, lo so, ma sono più che sicuro che i ragazzi di Wolfray Entertainment abbiano adorato GlaDOS, Wheatley e Chell tanto quanto me. Sin dalle prime battute, anzi, per essere precisi, sin dal trailer e dalla descrizione su Steam (cliccate qui e “godetene tutti”), si nota una verve comica e una sceneggiatura che strizzano l’occhio al titolo Valve. Certo, li la comicità era molto sfumata e surreale, incastrata in una sceneggiatura magistrale. Qui il tutto sfocia invece nella demenza, o per meglio dire, nel “delirio”, dopo pochi istanti. Un male? No. Aspettatevi tanto, TANTO overacting, ma un overacting ben riuscito e mai fastidioso.
Tornando a noi: nel gioco, interpretiamo una ragazzina (letteralmente “the Girl”), rinchiusa in un laboratorio guidato da un’intelligenza artificiale sviluppata dal nonno. Il mondo è ormai invaso dai robot, e la protagonista, dotata di alcuni poteri speciali, dovrà addestrarsi in modo da poter porre fine al dominio delle macchine. Se avete già giocato a giochi del genere, sapete bene che la trama è solo un pretesto per farci muovere da un livello all’altro: in questo caso, non aspettatevi la profondità di Portal o di The Talos Principle, quindi. È anche vero che con pochissime battute, però, il gioco riesce a chiudere il cerchio narrativo che si apre alla prima schermata di gioco, dando quindi un senso logico a quello che vuole più essere un messaggio di fondo che una vera e propria storia da seguire.
Se non ci avete capito nulla, riassumo con: il gioco è tra i più cazzari a cui giocherete, ma il messaggio di fondo c’è. Siate acuti.
“Essere o dover essere, il dubbio amletico!” (cit. Gameplay)
La storia è il leit motiv che ci guiderà passivamente attraverso i livelli di gioco, per l’esattezza 11 (o per meglio dire, 10,1). Come direbbero gli inglesi, meglio discutere subito “dell’elefante nella stanza”: il gioco dura… poco? Non è facile definire “poco” in un puzzle game, visto che la durata dipende molto dal tipo di giocatore, da quante volte il cervello andrà in tilt facendoci perdere minuti, ore, giorni su un enigma… o da quante volte andremo in bagno lasciando il gioco aperto. In generale, la mia run è durata poco meno di 2 ore. Ad una prima occhiata sembrano veramente pochini, quindi conviene confrontarli con altri titoli giocati:
- Portal: 3 ore
- Portal 2: 6 ore
- Puzzle Agent: 3 ore e 30
- Puzzle Agent 2: 3 ore
- The Talos Principle: circa 8 ore
Bisogna sottolineare che la differenza con alcuni titoli è netta, ma parliamo anche di tipi di produzioni completamente diverse. Quasi due ore, alla fine, non sembrano poi così male, considerando che il gioco ha un prezzo di listino pari a 5€. Si potrebbe dire che ci sono giochi che intrattengono molto più a lungo per quella cifra, ma è anche vero che i puzzle game fanno categoria a parte.
In ogni caso, parlando di meccaniche di gioco, Manipulated mescola enigmi basati sulla pura logica e l’intuito, a semplici sezioni di shooting e fasi di platform. Riguardo quest’ultime, se siete un giocatore medio, non dovreste avere problemi. Se invece, coi platform, siete agili come un ciocco di legno, preparatevi a patire le pene dell’inferno, perché alcune fasi richiederanno una precisione quasi millimetrica, e saranno propedeutiche al completamento del livello. Nulla di trascendentale invece per le fasi di shooting, la cui unica difficoltà dipenderà dal poter sparare solo in due direzioni.
La meccanica tipica del gioco, comunque, è il poter rilasciare il nostro spirito: molto più agile e veloce del nostro corpo, può attivare alcuni congegni particolari, e ci aiuterà (o per meglio dire, sarà fondamentale) nella risoluzione dei vari enigmi.
Per quanto riguarda il punteggio, questo viene assegnato in percentuale, tenendo conto del numero di nemici sconfitti, della vita rimanente a fine livello, e dal numero di morti (si, ci sono i checkpoint). Per i primi livelli non sarà difficile ottenere uno score del 100%, per gli altri invece le cose potrebbero complicarsi.
“Piovono voti di Chanel, su giochi asettici…” (semicit. Conclusioni)
Se quando pensate ai puzzle game vi vengono in mente immagini fatti da pezzi a incastro, o le settimana enigmistica… “weee, sveglia!”! Scherzi a parte, nel 2017, nonostante sia ancora comodo assegnare etichette, ogni gioco è influenzato da più elementi oltre quello caratterizzante (GDR… GDR ovunque…). Puzzle Agent o Professor Layton sono forse più classici da questo punto di vista, mentre altri titoli citati nell’articolo come lo stesso Manipulated “osano”, chi più chi meno, dal punto di vista del gameplay. In generale, valutare un puzzle game è sempre difficile, soprattutto dal punto di vista della difficoltà, della longevità, della presentazione. Però, credo sia giusto tenere conto del lavoro di ragazzi che, oltre a creare degli enigmi piacevoli e ben caratterizzati, hanno cercato di donare carisma al loro gioco, dandogli una personalità di spessore di cui ci ricorderemo con un sorriso. C’è da migliorare, soprattutto nella gestione dei contenuti e la relativa durata, ma spero che i ragazzi di Wolfray Entertainment continuino a sviluppare altri progetti, a sfornare puzzle game, e perché no, anche opere di altro genere, magari. Perché è chiaro, cristallino, che la stoffa ci sia.