Dallo studio dei contrasti tra bianco e nero e la visione di creare tensione narrativa attraverso un’idea “diversa” ed originale nasce The Shattering, titolo sviluppato da Super Sexy Software, pubblicato da Deck 13 per PC lo scorso 21 aprile; un’intrigante avventura psicologica che si svolge nella mente di un uomo distrutto, gettandoci in un mondo inconscio fatto di visioni e frammenti di memoria al fine di ricercare e ricostruire passo passo la verità.
Intreccio monocromatico
The Shattering è un’avventura in prima persona story-driven, priva di combattimenti o enigmi complessi ma basata sull’esplorazione di un ambiente quanto mai particolare, poichè letteralmente immaginario, anzi, immaginato: la mente, il subconscio, l’Io. Vestiremo i panni di John Evans, vittima di un duro incidente capace di fargli perdere memoria e connessione con la realtà, e tramite l’indispensabile aiuto del nostro dottore e psicanalista andremo ad intraprendere un viaggio all’interno della dimensione onirica dei ricordi, con l’obiettivo di raccogliere e riassemblare i pezzi, i frammenti del nostro passato e delle nostre memorie. Ricostruire la verità e indagare le radici del nostro malessere, questi i punti principali che ci spingeranno all’interno del titolo che quasi potremmo definire come thriller psicologico, che punta nel creare inquietudine e tensione narrativa non tanto con i soliti escamotage quanto costruendo una sua propria atmosfera, originale e particolare, specialmente per un elemento chiave: il bianco.
Il gioco fa proprio l’uso del bianco per creare un clima etereo, sognante, surreale: si lega bene al tema dell’incertezza psichica (il bianco è il colore neutro per eccellenza e quindi si adatta anche ad ambienti come gli ospedali, in specie quelli psichiatrici) e a quello del sogno, dell’illusorio. Inoltre ricorre all’astuto e classico stratagemma di giocare con la saturazione, togliendo quasi totalmente il colore dall’ambientazione in modo da far risaltare in tono vivido gli elementi chiave che guidano la narrativa; in questo modo riesce a concepire un ambiente interessante e creare un filo conduttore per lo scorrimento della vicenda, che si articola attraverso varie fasi nei ricordi di John, che sia scavare nella sua infanzia o ripercorrere i momenti prima della disgrazia: non saremo immersi nel buio o nell’oscurità, come immancabilmente capita nel genere horror, ma spesso avvolti dal bianco, che crea un clima incerto ed aleatorio nella dimensione sognante dove ci ritroveremo ad analizzare le nostre vicende; il mondo diventerà sì più oscuro, ma sempre in un gioco di contrasti bianconeri, quando andremo ad affrontare i nostri demoni più cupi, nei recessi della nostra memoria.
Come suggerisce il gioco stesso, nella realtà non esistono solo il bianco e il nero, la verità e la menzogna, il bene ed il male, ma innumerevoli tonalità di grigio, e proprio per questo l’estetica del titolo sembra adattarsi come un guanto ad i temi che The Shattering vuole andare a trattare, coadiuvata da un buon comparto audio che è imprescindibile in titoli di questo genere per un’adeguata immersione nel mondo di gioco; quest’ultimo sarebbe uno dei punti su cui si sarebbe potuto spingere ulteriormente nel caso di una produzione con budget da tripla A, al fine di massimizzare “tecnicamente” gli effetti dei suoni ambientali e rendere il tutto paurosamente efficace; in ogni caso, il lavoro fatto nel suo contesto è soddisfacente. Un buon tocco di inventiva è anche quello di non utilizzare modelli di personaggi umani: potrebbe sembrare solo un’astuzia da programmatori, ma nella realtà dei fatti contribuisce a creare un gioco di assenze e presenze che migliora l’espressività del titolo; è sufficiente usare un classico manichino di legno, laddove serva simulare un soggetto per necessità sceneggiative.
Andando a cercare il pelo nell’uovo, potremmo storcere il naso ad alcuni errori di battitura nell’adattamento italiano dei testi, e come appunto personale avrei preferito vedere una ricerca maggiore nella caratterizzazione dei testi scritti in-game: può sembrare una bazzecola, ma i font stessi esistono per comunicare “altro”, per dare una carica peculiare alla scrittura, sono quindi un mezzo come un altro per veicolare un mood preciso e vanno scelti ed adattati con cura; si tratta ciononostante di piccolezze che si perdono invece nella maggioranza dei dettagli, ottimamente curati.
Sogno o son desto?
È strano parlare di “sostanza” in un gioco che fa dell’essere fumoso la sua essenza, ma nella sostanza stiamo parlando di un buon prodotto; è interessante ed intrigante addentrarsi in questo modo in ciò che alla fine si configura come un’indagine psicologica negli interessi del nostro protagonista, qualcosa che quindi porta un setting originale e che trova la sua forza nel poter stimolare la curiosità di uno spettatore. Tuttavia è facile trasformare questa possibilità di plasmare liberamente l’universo di gioco in “inconsistenza”, quella sbagliata questa volta. Se infatti il ritmo della narrazione del gioco è sempre stato piacevole, altrettanto non si può dire del ritmo -di- gioco. Il titolo accosta scene interessanti ad altre un po’ blande, specialmente appunto nelle sezioni più dedite al “gameplay”; alcune istanze non saranno particolarmente ispirate, o calzanti, o di intuitiva risoluzione, mentre altre le troveremo sicuramente più coinvolgenti. Alcuni aspetti della storia saranno coinvolgenti, altri risulteranno come tralasciati dal corso degli eventi; ci saranno incertezze o momenti poco originali, ma anche scene da ricordare, in un contesto a volte altalenante.
Nel complesso devo ammettere di aver alquanto apprezzato questo titolo, ma è giusto mettere in luce anche gli aspetti migliorabili; un tipo di narrazione di questo tipo a mio avviso gioverebbe di approfondimenti specifici e di lasciare alcuni dettagli meno abbozzati: se al giocatore viene data una scelta, che questa sia più rilevante; se posso trovare qualcosa di nascosto o segreto, che questo abbia un suo impatto nel gameplay o nella consapevolezza del fruitore; se qualcosa viene inserita, che sia ben contestualizzata, anche a costo di spenderci quel qualcosa in più. Più informazioni arrivano al giocatore e più esso potrà ritrovarsi coinvolto, ed è importante non giustificare tramite l’ambiente “sognante” degli elementi che potrebbero risultare “casuali”, o malposti.
Fatto presente questo, l’esperienza di The Shattering è tutt’altro che negativa: è un ottimo punto di partenza ed esempio da seguire per l’intero filone dei walking simulators, che per natura si configurano come mezzi per raccontare una storia, e il mio desiderio nel volere “di più” nasce proprio dal fatto che per primo sono rimasto intrigato da ciò che il titolo aveva da proporre; non è facile gestire la complessità della psiche umana, ma è sempre interessante vedere come il medium videoludico si approccia a certi argomenti: il videogioco è un mezzo potente ed immersivo, e The Shattering è, come già affermato, un ottimo esempio di questo potenziale.
*Versione testata: PC, grazie ad un codice digitale Steam fornito dal publisher